Con il libro “La sanità che vogliamo Le cure orientate dalle donne” vengono presentate le proposte delle donne per ridisegnare i luoghi di cura, in modo che la sanità sia a misura di tutti
Martedi, 06/04/2021 - Capita che dalla rete venga a conoscenza della presentazione di un libro, il cui titolo è alquanto invitante: “La sanità che vogliamo Le cure orientate dalle donne”. Cosicché il giorno fissato, ossia lo scorso 1 aprile, mi pongo di fronte al computer ed assisto a qualcosa che va ben oltre lo scopo prefisso.
Già, perché non si tratta soltanto di divulgare un nuovo libro che si occupi di politiche sanitarie, bensì di esporre un progetto che alcune professioniste in Medicina avanzano “dopo avere discusso le proprie esperienze, analizzato le criticità dei presìdi e delle organizzazioni nelle singole realtà, alzato infine lo sguardo sulla necessità di cambiare il modello di governo della salute nella sua interezza, e non a compartimenti stagni”. Sandra Morano, coordinatrice dell’Area Formazione Femminile dell’Anaao Assomed, nell’introduzione del webinar ha raccontato come tutto sia partito in occasione del congresso del suddetto sindacato, tenutosi nel 2014, allorché “ci siamo messe a ricercare altri sguardi che potessero sostenere il nostro progetto, quale la prima esperienza completamente orientata dalle donne”.
L’obiettivo prestabilito era alquanto specifico, ossia rifondare la sanità alla luce dei precipui contributi avanzati dalle donne che operano in questo sistema. “Come sono capaci di organizzare e organizzarsi, dalle competenze più umili a quelle più specialistiche. Saper tenere insieme organizzazione e relazione fa parte di una differente visione di un lavoro che sempre più si configurerà al femminile, capace cioè di elasticità e allo stesso tempo responsabilità” (lasanitachevogliamo.it).
Come sarebbe il mondo sanitario, se governato dalle donne? Una domanda la cui correlata risposta parte dalla preliminare constatazione che le professioniste che vi operano sono stufe di non potere orientare le modifiche di un sistema connotato sempre più da finalità aziendalistiche, che hanno conseguentemente comportato una progressiva e costante disumanizzazione del lavoro.
“Un sistema che ha tolto in termini di posti letto, di lavoro di cura, di finanziamenti, di professionalità” (Sandra Morano). Proprio cogliendo l’occasione offerta dalla crisi pandemica, che ha evidenziato a pieno le criticità del nostro sistema sanitario, si è pensato di rendere palesi le proposte avanzate dalle operatrici che prevedono diverse soluzioni ai problemi, a seconda della prospettiva di genere.
“L’obiettivo è far circolare strumenti e idee perché il cambiamento di cui tutti parlano nelle intenzioni – il lungo day after – non si risolva nel ritorno alla vita precedente. La grande prova di forza offerta dalle donne in occasione della pandemia ha già dimostrato sul campo il dispiegarsi di capacità dirigenziali. C’è bisogno ora di elevare a sistema ciò che delle loro esperienze, esaminato alla lente del proprio essere donne e differenti, ha funzionato” (lasanitachevogliamo.it). Con una particolare caratteristica, però, di adottare un approccio multidisciplinare, avvalendosi anche delle specifiche competenze di architette, economiste, filosofe, psicologhe, giornaliste. Cosicché, accanto alle mediche che lavorano nei servizi consultoriali, oppure nelle residenze per anziani, si sono affiancate altre esperte per lavorare sinergicamente ad un modello diverso della sanità da cui potere ripartire.
Proprio partendo dalla considerazione che “le competenze separate possono essere poca cosa, ma messe insieme possono costituire una grande forza, dando il segno della nostra differenza” (Sandra Morano), Paola Adinolfi, professoressa ordinaria di Scienze economiche e statistiche presso l’Università di Salerno, ha puntualizzato che “le professionalità al femminile devono incontrarsi in percorsi formativi calati in un contesto con intento trasformativo, perché il cambiamento si fa insieme in gruppi relazionali….Serve la conoscenza degli operatori che sul campo conoscono le esigenze dei pazienti, ma le riforme rimangono lettera morta se non sono seguite da scelte operative contingenti”.
Lavorare sulle idee avanzate dalle professioniste in medicina, mettendole al confronto di altre discipline, ha offerto lo spunto alla filosofa Annarosa Buttarelli di puntualizzare come quanto si presenti come esigenza dei fruitori del sistema sanitario debba essere associato all’efficacia delle risposte che si offrono a tali esigenze.
“La nostra cultura però non ha l’abitudine di considerare l’efficacia”, ma solo “le donne di esperienza, di sapienza, sono in grado di orientare una scelta di trasformazione che vada al di là dell’azione riformista, perché ben altri sono gli interventi necessari”.
Le mediche che si sono messe in gioco in questo progetto, unitamente ad altre professioniste, difatti, sono mosse dall’intento primario di potere interloquire anche con altri settori della sanità, facenti parte di un sistema che non può essere letto solo con lenti aziendalistiche.
Come si sia dato vita a tale progetto, che nasce dal basso come prima esperienza di proposte completamente orientate dalle donne, lo ha ulteriormente specificato Anna Tomezzoli, componente dell’esecutivo Anaao Assomed. Facendo partire la riflessione proprio dalla sua esperienza, oltre che professionale anche umana, la dirigente medica ha rimarcato come sia stato importante “partire dall’analisi della realtà guardata con i nostri occhi…Le donne in medicina sono tante, partiamo da noi stesse per una proposta di programmazione ed organizzazione”. Proposta che altrimenti non potrebbe essere esplicitata e concretizzata, per le caratteristiche precipue del nostro sistema sanitario ove poche sono le donne dirigenti. Prendendo come dato semplificativo lo status quo della regione Veneto, ove lavora, Anna Tomezzoli ha precisato che su 50 responsabili di Unità Operative Complesse solo una è donna, mentre nell’ospedale di Verona su 70 dirigenti di UOC sono 3 le direttrici donne in ambito ospedaliero e 2 in ambito universitario.
Quanto sia poco valorizzato il ruolo delle donne come portatrici di proposte innovative in campo sanitario è stato il fulcro dell’intervento di Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell'Istat. “Le donne sono il centro del cuore pulsante delle relazioni di cura, dal punto di vista sanitario. In Italia sono i 2/3 della forza lavoro, come anche negli altri Paesi, ma sono pochissime nei luoghi decisionali. La pratica femminile non si è esplicitata, tra i primari le donne non arrivano al 20%, quando si costituiscono i comitati scientifici non ci sono donne. Che eppure esistono, come specialiste, è intollerabile una cosa del genere. E’ una questione di sostanza, perché non si riesce a valorizzare il punto di vista delle donne per rilanciare il nostro sistema sanitario. Le donne sono artefici delle relazioni di cura, danno lezioni agli uomini, perché hanno storicamente un’attenzione al valore della cura, che è fondamentale nella sanità. O si capisce che la parità di genere è fondamentale o non cresce questo Paese. Bisogna fare una scelta di campo e puntare sulla parità di genere. Siamo in una fase di ricostruzione e, dopo anni che si è pensato che in sanità bisognasse solo tagliare, ora occorre che si sviluppi la prevenzione e che la territorializzazione ritorni al proprio ruolo”.
Il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo, nel suo intervento è partito dall’ importanza che le donne impegnate in sanità hanno avuto ed hanno durante la crisi pandemica. “Le tre figure che voglio ricordare sono l’anestesista che ha imposto per prima il tampone ad un ammalato di Covid il 21 febbraio 2020, l’infermiera stremata che si appisolò sulla tastiera del computer e, la più recente, quella dell’infermiera che si è stesa accanto ad un bambino di 7 mesi, malato di Covid ed in attesa di un intervento chirurgico, a dimostrazione di come le donne immaginino la cura in modo totalizzante”. Il responsabile nazionale del sindacato ha evidenziato come proprio dalle proposte delle proprie associate l’Anaao Assomed possa colmare mancanze del nostro sistema sanitario di modo che “non si muoia di efficientismo economico”.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, cogliendo la sfida lanciata dalle specialiste mediche dell’Anaao Assomed, ha precisato che “dentro la Sanità nuova, che si vuole costruire con il Recovery Plan, c’è il ruolo delle donne. Il nostro servizio sanitario ha già una rilevante caratteristica di genere, penso che dobbiamo avere la capacità di leggere questa dimensione non solo per revisionarlo, ma anche per immaginare una riforma dello stesso Ministero della Salute. Dentro questa crisi dobbiamo puntare ad immaginare una rivisitazione della sanità pubblica italiana attraverso una lettura di genere, per costruirla più prossima alle persone e rispondere meglio ai loro bisogni”. “La sanità che vogliamo. Le cure orientate dalle donne”, che è anche un progetto inviato al Programma Next Generation EU, diventa, conseguentemente, rilevante come occasione per rendere note “quelle priorità declinate al femminile, che mirano a suggerire cambiamenti strutturali in sanità. nel rispetto di chi lavora sul campo, analizzando criticamente le carenze e prospettando percorsi realistici per sostenere le nuove generazioni. Un libro manifesto sul lavoro delle donne in sanità, edito da Moretti&Vitali, destinato a quante/i vogliano condividere e fare proprie le riflessioni e proposte per sperimentare nuovi modelli improntati al femminile” (presentazione del webinar dello scorso 1 aprile).
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