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La presidente se è donna, Il presidente se è uomo. Riflessioni su una regola che ancora non piace.

La presidente se è donna, Il presidente se è uomo. Riflessioni su una regola che ancora non piace.

Da Alma Sabatini a Laura Boldrini, dibattito sull'uso non sessista della lingua italiana. Cosa è cambiato nei decenni

Venerdi, 13/04/2018 - Mentre si conduce una ricerca, anche navigando su Internet, si ha sin dalle prime battute un’impressione precisa: quanto il tema su cui si sta concentrando il nostro lavoro sia un terreno di pace o, piuttosto, un terreno di guerra.
Si comprende molto, ad esempio, già dalla stessa difficoltà di reperire certe fonti.

Di qualche sera fa le polemiche seguite alle dichiarazioni rilasciate nel corso della trasmissione di Bruno Vespa da Alberti Casellati, neopresidente del Senato, che precisava di volere essere chiamata il presidente e non la presidente: «perché non c'è bisogno di mettere articoli, di usare vocabolari talvolta cacofonici per affermare la parità. Sono battaglie veterocomuniste, superate dai tempi».
E, subito, la voglia di arretrare un poco e saperne di più della stroncatura di Pietro Citati sul lavoro di Alma Sabatini (Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana), pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Se si prova a cercare il pezzo comparso sulle pagine del Corriere della Sera nel 1987, con l'intento di capire le ragioni, seguire i passaggi logici e le motivazioni del giornalista, non è semplicissimo.
Qualcosa viene fuori da una riflessione di Rossana De Angelis, in un contributo che tra l’altro ha il pregio di definire chiaramente i termini della controversia: «la femminizzazione della lingua è una questione istituzionale e linguistica ancora aperta» (sul sito IAPH Italia http://www.iaphitalia.org/rossana-de-angelis-una-lingua-non-sessista-sugli-usi-linguistici-non-ragionevoli-e-sul-tentativo-di-correggerli/).

Siamo dunque sul finire degli anni Ottanta e Alma Sabatini, dall’interno della Commissione Pari Opportunità, sta provando a cambiare le cose. Vuole «suggerire delle alternative compatibili con il sistema della lingua per evitare alcune forme sessiste».

Il terreno in questo caso è di scontro, certamente. E la questione non riguarda soltanto il nostro Paese.
Già all’estero, si studiano da tempo soluzioni e si elaborano i primi lavori sul «sessismo linguistico».

La pubblicazione del volumetto delle Raccomandazioni di Alma Sabatini accende reazioni veementi.
Ecco, qualche stralcio del pezzo di Pietro Citati.
Da «L’italiano androgino», Il Corriere della Sera, 12/05/1987: «Pochi giorni fa, ho letto in casa di un amico uno strano libretto, di cui Giulia Borghese ha già parlato in questo giornale: Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, a cura di Alma Sabatini, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. È uno dei grandissimi capolavori comici della letteratura italiana – a metà strada tra Gli Uccelli e Pinocchio. Vorrei che tutti gli italiani lo leggessero a voce alta, la sera, nelle famiglie. Per abolire il predominio maschile dalla lingua italiana, l’autrice raccomanda di non scrivere i diritti dell’uomo, ma i diritti della persona, […] non l’uomo della strada ma la persona o l’individuo della strada, […] non Marguerite Yourcenar è uno dei più grandi scrittori viventi, ma Marguerite Yourcenar è una delle più grandi, tra scrittrici e scrittori viventi[…]. Il problema della Sabatini è soprattutto l’uso indiscriminato dei nomi uomo e scrittore, che in italiano vengono usati indifferentemente per indicare maschi e femmine, scrittori e scrittrici. Ma uomo e scrittore, come ci vengono proposti dalla lingua italiana, non sono maschili: sono androgini. La lingua è l’unico luogo della Terra dove la separazione dei sessi, che secondo i miti verrà abolita alla fine dei tempi, è già cancellata. Non capisco tanta ostilità e tanta furia contro la lingua italiana – l’unica patria della quale non ci dobbiamo vergognare».

Siamo di fronte – è chiaro - non ad una critica ma perlopiù alla derisione che è demolizione feroce della teoria altrui. Nessuna argomentazione, né voglia di approfondire, solo scherno.
E il peggio è che il fatto continui a ripetersi. L’atteggiamento di chi denigra, anche tra le righe, è una costante; spesso esercizio di mirata e consapevole sottovalutazione della questione di fondo. Poi c'è anche chi difende in buona fede una posizione da purista, ma quello è normale contraddittorio.
E davanti alla riduzione in parodia delle affermazioni sgradite, non può che venire in mente Laura Boldrini, da Presidente della Camera, particolarmente attenta a portare dentro alle Istituzioni il rispetto delle donne, certa che si possa e si debba collegare lingua e potere e che il linguaggio sia il principale strumento usato per impostare, decidere e distribuire i ruoli all’interno della società.
Contro di lei si sono schierati in molti e in molte. I social hanno raccolto e tuttora raccolgono ogni genere di attacco e di aggressione, insulti di qualsiasi tipo.

Non è difficile dire cosa sia cambiato in quel dibattito, a distanza di trent’anni. Da Sabatini a Boldrini, poco o niente si è mosso.
Ed è strano, in un certo senso. Da un punto di vista spiccatamente linguistico non si comprende, infatti, tanta ritrosia. Perché mai questo osteggiare l’uso non sessista della lingua se quella è di per sé un corpo vivo e in continuo mutamento (tanto da lasciarsi per esempio contaminare senza misura da forme straniere, specie se anglosassoni)?
Sul fronte di un linguaggio che parli di parità e metta al bando la discriminazione ancora non si riesce a fare un passo, dunque.
Ferma nel frattempo l'attitudine odiosa, in chi si spende perché nulla cambi, di trattare l’avversario come un cretino o una cretina.

Maria Concetta Tringali
(12/04/2018)

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