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La mela avvelenata

La mela avvelenata

Lettera aperta alla sindaca di Gragnano che non ha espresso alcuna rimostranza ad ascoltare la barzelletta sulla mela, propinata da Berlusconi ai sindaci campani ricevuti in occasione dell'incontro per richiedere il c.d. decreto bloccaruspe.

Sabato, 09/04/2011 - Egr. avv. Annarita Patriarca, sindaca di Gragnano,

ho letto in Internet che, allorchè vinse nella tornata elettorale del 2009, si rimarcò la circostanza che fosse l’unica donna ad essere scelta con il voto nell’intero comprensorio territoriale napoletano. Ritengo che tale condizione le abbia comportato una grande responsabilità, perché ha dovuto amministrare i suoi concittadini mettendo in campo le caratteristiche precipue di una donna nella governance di una comunità, in rappresentanza di tutte le altre che non erano riuscite a raggiungere il suo stesso risultato. Non ho elementi per poter dare un giudizio sulle sua capacità di amministratore, ma, mi permetto di criticarla come donna, che, in silenzio ha ascoltato la becera barzelletta che il premier ha “offerto” ai sindaci ricevuti, in occasione dell’incontro per richiedere il c.d. decreto “bloccaruspe”. Mi domando se ha provato, come me, lo stesso pugno allo stomaco a sentire quella storiella da trivio, oppure se ha dovuto ingoiare il rospo perché era lì in veste istituzionale. Se la risposta è in tal senso, perché non gli ha dimostrato la sua indignazione allorquando le ha chiesto, accarezzandola, se se la fosse presa? Penso che in siffatta situazione avrebbe potuto educatamente scansare la mano e proferire un ben che minimo accenno di critica e biasimo a quella battutaccia. Il suo sorriso impacciato, invece, ha avuto l’effetto di comminargli una sorta di perdono a posteriori, quasi a voler giustificare il deplorevole oltraggio perpetrato ai danni delle donne. So che è una sindaca di centro-destra, ma la sua appartenenza politica non dovrebbe condizionarla nel pensare liberamente, quando ad essere attaccata è la dignità di tutte le donne, anche la sua. Noi che siamo scese in piazza il 13 febbraio scorso l’abbiamo fatto per tutte, perché pensiamo che debba porsi un argine a quella deriva culturale che ci vuole anche oggetto di barzellette, come quella che lei ha ascoltato a Palazzo Grazioli. E non mi venga a dire che l’incontro istituzionale era terminato ed era una pausa privata, perché tale circostanza non costituisce una scusante. Certo non penso che la difesa della dignità di tutte le donne italiane sia nelle sua mani, ma mi rivolgo a lei sperando che non si tiri indietro in questa operazione di verità, perché la credo capace, insieme a tante donne di centro-destra, di provare rispetto per sé stessa. Rimproverare Berlusconi per la storiella da bettola, con tanto di recitazione cabarettistica, non avrebbe nuociuto al suo ruolo istituzionale, se fosse stato accompagnato da una sufficiente motivazione. In tal modo avrebbe evitato alle donne della comunità che amministra quel suo silenzio imbarazzato e quel altrettanto sorriso di perdono. Mi piacerebbe capire quanto le sia costato personalmente questa condotta e se abbia provato un po’ di sdegno, perché altrimenti con il suo fragoroso silenzio avrebbe perso l’occasione di dare voce a tutte quelle donne che, se presenti, avrebbero di certo rimproverato il premier per l’ennesima offesa alla dignità delle donne italiane.





9 aprile 2011 Maddalena Robustelli

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