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LA GENTILEZZA secondo Polly Samson

LA GENTILEZZA secondo Polly Samson

Il secondo romanzo della scrittrice inglese, il primo tradotto in Italia, e subito best seller

Martedi, 16/08/2016 -
Accattivante è il titolo, La Gentilezza, sentimento poco frequentato in tempi di aggressività, paura, competizione, interesse. Laddove, col termine interesse, entriamo nel campo più ambiguo dell'umanità. E' uno dei sostantivi che più si presta ad essere piegato alla necessità 'individuale', per giustificare la propria ingannevole condotta o per fingere, troppo spesso, di avere a cuore la collettività, la comunità. Che è anche e prima di tutto famiglia. Ecco che Polly Samson, con La Gentilezza (1 Rosso, pp. 288, euro 15), raccontando di una storia d'amore, rivela l'uomo e la donna e la coppia. Protagonisti sono Julian, brillante studente universitario, e Julia, 8 anni più di lui, reduce da una unione violenta. I due si innamorano, coronano il loro sogno con la nascita di Mira, la cui malattia - inaspettatamente - restituirà a tutti la verità, che passa per un segreto.

E se nelle prime pagine si potrebbe pensare a un romanzo romantico, che profuma di betulle, pini e gelsomini dei paesaggi dell'Inghilterra centrale, grazie a un'ambientazione nella casa di infanzia di Julian - con ispirazione al Paradiso Perduto di Milton -, a poco a poco ci si addentra nei nodi dell'esistenza, in un intreccio continuo tra passato e presente. E la gentilezza, si scopre, può essere una maschera. E l'educazione, uno strumento. E la condivisione di un desiderio, un traguardo 'altro'. Samson gioca con le parole - lei che, oltre che scrittrice, è coautrice di alcuni brani del marito, il cantante David Gilmour, compresi quelli di Devision Bell, ultimo album dei Pink Floyd.

Complice la traduzione, di Daniela di Falco, è un'opera fortemente evocativa. Pare di sentire odore di sbronze, ossia di dolore; di erba, quindi di amore; di acqua e torrenti, la cui forza misteriosa è insidiosa. Fin dove si può spingere ciascuno di noi? Fin dove possiamo assumerci la responsabilità di alterare la vita altrui, a nostro esclusivo beneficio? Come facciamo i conti con noi stessi, nel presentarci e rappresentarci ad altri in maniera diversa, o comunque parziale? Come possiamo pensare di controllare tutto quel che avviene intorno a noi, quasi potessimo isolarci dal mondo, rendendo così 'autentico' ciò che è 'falso'?

La Gentilezza è un testo sugli abissi, inflitti e subiti, e su quella proiezione di vita 'altra', 'migliore', cui abbiamo rinunciato ma torna a scorrerci accanto, talvolta con la forma del rimpianto. O che intraprendiamo, per poi rammaricarcene. E proprio per questo chiama in causa anche la necessità - intesa proprio come inevitabilità - di conciliarsi, anche per nostalgia, con chi ha percorso un pezzo di cammino con noi. Guardare al passato è la cosa più difficile, è inutile raccontarsela. Trovarvi il senso, seppure negli sbagli, richiede di pacificarsi col proprio fallimento, compreso quello di avere errato il giudizio. E di esserci consegnati agli altri.

Ma si può vivere senza fiducia?

Questa è la domanda che tuona, alla fine. Quella da cui nessuno di noi è immune.

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