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La forza della rete per un'agricoltura di qualità

La forza della rete per un'agricoltura di qualità

Donne in Campo / CIA - La storia e l’esperienza di Michela Brogliato, presidente Donne in Campo Veneto

Bartolini Tiziana Lunedi, 16/05/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2016

Il cammino della sua vita adulta sembrava tracciato: una laurea in giurisprudenza e l’esercizio della professione di avvocata dietro l’angolo. Ma poi qualcosa è cambiato e quella giovane ha visto un’altra possibilità che ha voluto sperimentare. Era il 2008 e Michela Brogliato, a 28 anni, dopo la morte del nonno ha deciso di prendere le redini dell’azienda agricola vicino Vicenza. “Abbiamo ristrutturato la casa di famiglia e avviato l’agriturismo. Abbiamo puntato sulla naturalità e sulla tipicità cercando di tradurre in pratica l’idea di sostenibilità attraverso impianti fotovoltaici, con il riscaldamento a pavimento e a legna”. In sostanza Michela ha cambiato l’impronta dell'azienda, che era prevalentemente seminativa, e in buona parte si è riconvertita in ortofrutticola (www.agriturismovillacorona.com). “Abbiamo aperto un punto vendita per la commercializzazione diretta dei nostri prodotti scegliendo come punto di forza la qualità e la stagionalità”. Ma l’idea, da subito, è stata quella di vendere, insieme alle mele, una filosofia di vita. “Il concetto è cercare di mantenere intatta la vera essenza della natura e la naturalità dei prodotti, di evitare forzature. L’innovazione è stata indispensabile per ridare slancio all’azienda. Non è facile combinare tradizione e innovazione, ma è possibile, e sono due aspetti fondamentali per guardare al futuro…”. Michela Brogliato, è da poco presidente Donne in Campo regionale del Veneto e a giugno diventerà mamma per la seconda volta, è alla guida di un’azienda a conduzione famigliare che ha saputo cogliere le possibilità offerte dalla multifunzionalità in agricoltura. “Abbiamo iniziato con l’agriturismo e la vendita diretta, siamo attenti all’accoglienza dei visitatori: li informiamo sul nostro lavoro, diamo loro la possibilità anche di raccogliere direttamente i prodotti e cerchiamo anche in agriturismo di mettere sul piatto oltre che la stagionalità e la tipicità anche la nostra storia, riproducendo e rivisitando le ricette di una volta. Pian piano avvieremo altre attività: è un impegno di medio termine e un obiettivo in cui crediamo anche perché constatiamo giorno per giorno che le persone capiscono la differenza che passa tra i prodotti che si trovano nei supermercati e i nostri. Sempre di più è apprezzata e ricercata la qualità e la naturalità di quello che si mette in tavola”.

Ma chi sono i consumatori più attenti? “Senza dubbio sono di ceto e cultura medio-alta, sono molto attenti alla salute e sono disposti anche a pagare di più, comprendono benissimo che con i prodotti più commerciali noi non possiamo metterci in competizione sui prezzi ma sanno anche apprezzare la diversa qualità e sanno valutare che la salute ne ha giovamento. Chi non ha possibilità economiche non è ancora entrato in questa logica, guarda soprattutto al risparmio anche se va a discapito della salute”. L’impegno per un cambiamento prima di tutto culturale Michela lo ha sostenuto a partire dai suoi genitori, che “si aspettavano un futuro diverso per la loro figlia, nella consapevolezza che la terra comporta molti sacrifici”, infatti, non a caso, hanno lasciato la conduzione dei terreni prevalentemente ai terzisti. E adesso? “Adesso sono soddisfatti e sono anche orgogliosi di vedere come sta crescendo l’azienda”. L’entusiasmo di Michela ha coinvolto in questo cammino anche il suo compagno di vita, Alberto, che l’ha seguita lasciando il precedente lavoro e inserendosi perfettamente nella gestione. Ma qual è l’attrazione ‘fatale’ per la terra che prova una giovane, oggi, e che la porta a scegliere l’agricoltura? “La passione, l’amore, un diverso approccio alla vita. Vedo le mie amiche che fanno le avvocate e con le quali sono rimasta in contatto. Capisco che mi manca qualcosa ma sono consapevole che ho molto altro, per esempio un rapporto diverso con i miei figli e un diverso modo di vivere e concepire la vita. Del resto è qualcosa che hai dentro e che non ha una spiegazione razionale, già mentre facevo l'università pensavo di organizzare un posto tutto mio. La vita all’aria aperta ti da una libertà incredibile, essere svincolata da orari è meraviglioso e capisci che gli altri sono più frustrati. Questo non significa che sia tutto perfetto e nella gestione quotidiana, da imprenditrice, la lista dei problemi è infinita e il tempo libero davvero pochissimo”. Quali sono le questioni che pesano di più? “La burocrazia è uno scoglio importante, se non hai un supporto e un aiuto è dura. Un giorno a settimana va via tra carte e incombenze amministrative e il lunedì, che sarebbe il mio giorno di libertà, lo devo impiegare per questi aspetti. Poi, certo, non bisogna avere paura di fare sacrifici: non ci sono orari, non hai ferie, gli animali hanno bisogno di essere accuditi tutti i giorni… ma gli aspetti positivi sono maggiori rispetto a quelli negativi. Però bisogna essere obiettivi e va detto che, se non hai una famiglia alle spalle, è difficile farcela iniziando da zero e per chi non ha una tradizione e anche terre di proprietà è quasi impossibile. Lo stato dovrebbe aiutare i e le giovani”. Ecco, venendo all’aspetto delle politiche, chiediamo a Michela rispetto al suo ruolo di presidente del Veneto di Donne in Campo. “L’associazione è un supporto importante per farci crescere come imprenditrici. È decisivo per essere pienamente nel solco dell’innovazione sentendoci parte di un gruppo. Penso al ‘baratto dei saperi’, programma ideato come scambio che ci porta in aziende forti in un particolare settore: vediamo come funziona e osserviamo le criticità; in questo modo possiamo valutare se e come quell’esperienza è attuabile nella nostra realtà. In questo modo è possibile evitare errori o sbagliare investimenti, è un crescere insieme prendendo forza l’una dall’altra sia come imprese che come persone. Ci sentiamo molto coinvolte in un progetto nazionale, di cui stiamo discutendo a livello governativo, che offre opportunità e riparo nelle aziende agricole alle donne vittime di violenza. L’altro aspetto che rende Donne in Campo parte importante del nostro lavoro è quello di compensare lo svantaggio che deriva dalle nostre dimensioni piccole o piccolissime. Una recente conferenza sulla rete di impresa è stata occasione per stringere maggiori legami in un’ottica strategica al fine di aumentare per ciascuna di noi la possibilità di raggiungere nuovi mercati. I nostri sono spesso prodotti di nicchia e si fa fatica a farli conoscere; la rete sarebbe un punto di forza importante che consentirebbe di aumentare le esportazioni e le vendite. Una piccola azienda da sola non può farcela, anche perché il mercato è spietato e solo insieme riusciamo ad essere più concorrenziali e a far capire la differenza tra i prodotti di qualità e quelli industriali. Sappiamo che tutto il lavoro di educazione ai consumi e di apprezzamento della qualità è indispensabile per favorire un approccio nuovo verso gli alimenti. In questo senso è importante il lavoro di chi va nelle scuole e insegna a fare l’orto, è un modo diretto per sensibilizzare ed educare”. E le donne di Donne in Campo? “Sono un traino decisivo per il settore: hanno capito prima degli uomini quali strade andavano percorse e stanno lavorando con grande passione. In fondo è proprio la passione a fare la differenza: le donne ci mettono il cuore ed è il valore aggiunto su cui puntare. Le donne e i giovani sono l’investimento per il futuro”.

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