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Imparare ad essere felici

Imparare ad essere felici

LUNID. Libera Università - La nuova iniziativa della Lunid: fondare la Scienza della cultura della felicità

Gioia Di Cristofaro Longo Lunedi, 14/03/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016

IBisogna sfatare l’idea della felicità come “attimo fuggente” legato alla casualità e alla fortuna, mentre il perseguimento di una cultura della felicità richiede azioni tali da modellare il comportamento fissando, attraverso l’esercizio, le capacità per rendere concreto l’obiettivo proposto.

Il perseguimento della felicità è dunque un impegno e un lavoro serio che richiede: addestramento (nel senso di educazione, informazione sui valori costitutivi della felicità); allenamento (fondamentale è l’esercizio, con cui ogni “atleta” che sceglie la disciplina della cultura della felicità deve impegnarsi per raggiungere i risultati che si è proposto); l’abitare nel senso di luogo di vita individuale e sociale (spazio costruito ed organizzato secondo le proprie priorità in cui si costruiscono e ricostruiscono le condizioni del proprio benessere).

Si profilano in tal modo i fondamenti epistemologici e sperimentali di una nuova scienza: Scienza della cultura della felicità, intesa come sistema di conoscenze ottenute tramite attività di ricerca, specifiche procedure di individuazione e idonee metodologie. Un itinerario che fa parlare i fatti e le esperienze, e dai fatti e dalle esperienze ricava indicazioni teoriche e prospettive operative.

È il progetto della LUNID (Libera Università dei Diritti Umani), una grande sfida che si tradurrà in specifiche attività didattiche finalizzate ad operare per un recupero e una riappropriazione semantica di alcuni concetti fondamentali quali l’etica, l’utopia, la felicità.

Un ampio gruppo di professionisti e studiosi di varie competenze scientifiche ed esperienziali hanno entusiasticamente condiviso il progetto, che si tradurrà in un impegnativo programma didattico di Master class in Scienza della cultura della felicità: Itinerari di cultura dei diritti umani e della pace. Pratiche e sperimentazioni.

Negli ultimi quattro anni la LUNID ha dato voce e visibilità, in una sorta di Università diffusa, a numerose iniziative a livello di congressi con particolare riferimento al campo della medicina attraverso tematiche di rilevante spessore umano quali il rapporto medico-paziente-familiare, il consenso informato, l’accanimento terapeutico nonché a testimonianze di successo, conferendo premiazioni in qualità di Testimoni di Diritti Umani a singoli, gruppi e associazioni in vari campi (scuola, homeless, cinema, carcere, dialogo interculturale oltre alle varie forme di solidarietà e accoglienza operate nei confronti dei migranti sbarcati a Lampedusa).

Questa ricchezza di esperienze ci ha fatto comprendere l’urgenza di una risposta in grado di alzare il tiro rispetto alle realtà grigie e nere nelle quali è oggi imprigionato il nostro immaginario culturale. Una ricerca da me condotta sull’ipotesi dell’esistenza o meno della rappresentazione del buon cittadino nella programmazione dei mass media ha portato a dare una risposta affermativa nei termini, però, solo negativi: buon cittadino è chi non ruba, non ammazza, non rapina una banca. Emerge chiaramente l’assurdità di questa realtà, poiché il buon cittadino e la buona cittadina sono coloro che si impegnano in qualche progetto, in qualche percorso e non coloro che non trasgrediscono le norme della convivenza civile. In questa prospettiva, la felicità si presenta come un sistema culturale, una realtà olistica, una cultura intesa come valori, idee, orientamenti e connessi comportamenti che presiedono all’organizzazione della vita dei singoli, colta nella sia dimensione individuale che sociale. È opportuno ricordare la Costituzione Americana del 1776, che annovera tra i diritti fondamentali, oltre al diritto alla vita e alla libertà, quello della ricerca della felicità.

Presupposto fondamentale della ricerca della felicità è quello di porsi seriamente domande sui fini e sul senso di ogni azione e di ogni progetto. Si supera in tal modo il rischio di un vuoto esistenziale che oggi tende ad essere colmato con surrogati che non danno risposte soddisfacenti alle domande fondamentali della vita: chi sono? da dove vengo? dove vado?

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