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Il secondo rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico

Il secondo rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico

Presentato a Roma il “Secondo rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico” realizzato da Rete Armida.

Giovedi, 16/01/2014 - Il 13 gennaio scorso al convegno "Il contributo delle donne all’innovazione nel settore pubblico e nel settore privato", è stato presentato il “Secondo rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico” realizzato da Rete Armida.

Il focus dell'analisi è basato sulle posizioni “direttive ed apicali” e, in alcuni casi, su quelle semidirettive, ricoperte da donne. Si tratta di posti ai quali non si accede per concorso pubblico o selezione interna, ma con meccanismi di nomina e cooptazione, per esempio da parte dei vertici politici o amministrativi dell’ente. Questo perché è proprio in questo tipo di scelta che si può trovare una discriminazione contro le donne nel momento della promozione in ruoli di vertice.

Il primo risultato che balza agli occhi lasciando stupite, o forse in/stupidite, è che in nessuno dei 12 enti esaminati il Presidente o il DG è una donna, c’è un unico Vicepresidente donna e nei consigli di amministrazione ci sono 8 donne in tutto.

I dati aggregati della dirigenza generale e apicale della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri evidenziano che, su un totale di 360 dirigenti generali, le donne sono 138 (il 38%) mentre delle 44 posizioni dirigenziali 13 sono ricoperte da donne (il 30%), registrando un incremento rispetto alla percentuale del 2012 ferma al 23%. La presenza femminile nella dirigenza generale delle Agenzie varia dal 19% nell’Agenzia del Demanio a quella del 10% nell’Agenzia delle Entrate. I magistrati ordinari sono 9133, di cui il 48% donne. Negli uffici giudicanti si sfiora la perfetta parità: le donne sono il 49,9%, ma la situazione cambia radicalmente quando si considerano gli incarichi direttivi (donne 17%) e semidirettivi (28%). Nelle 26 Corti d'appello tra i 52 membri di diritto ci sono solo due donne: la Presidente della Corte d'appello di Brescia e la Presidente della Corte d'appello di Cagliari. I distretti a maggior presenza femminile sono quelli di Ancona (82%) e Venezia (59%), mentre sono fanalino di coda proprio la stessa Brescia (8%) e una serie di distretti prevalentemente meridionali (Cagliari, L'Aquila, Lecce, Messina) dove la percentuale delle elette non supera il 28%. Nessuna donna è procuratore generale in una Corte d'appello. Anche per quanto attiene all’università i dati sono sconfortanti. Tra i professori ordinari il 14.6% sono donne contro il 31.4% di uomini, tra gli assistenti si raggiunge una quasi parità (27.1% vs 28.7%) , mentre tra i ricercatori le donne superano la maggioranza con il 58.3% contro il 39.9%. La ricerca sottolinea la difficoltà delle donne a raggiungere i livelli apicali nell’università come un problema europeo. I dati del rapporto "She Figures 2012" evidenziano la permanenza di una segregazione sia orizzontale che verticale, causa di un progressivo abbandono dei percorsi di carriera da parte delle donne, denominato leaky pipeline (conduttura che perde).

Ma questo mal comune certo non è consolante!

Considerare esigua la presenza femminile nella carriera diplomatica è un eufemismo. Su 923 diplomatici di carriera, le donne sono soltanto 178 e tra queste le donne ambasciatore sono solo 2, a fronte di 29 ambasciatori. Nel direttorio della Banca d’Italia la presenza femminile si attesta al 20% (una donna è Vicedirettore Generale), mentre alla fine del 2013, tra i componenti degli organi deliberanti delle autorità e delle commissioni indipendenti, includendo anche la CIVIT (ancora l’unico organismo al cui vertice è una Presidente), su un totale di 37 membri siedono solo 7 donne. Peraltro sono ancora quattro le autorità che non hanno alcuna presenza femminile nel board: Consob, AGCM, AGCOM e Autorità di vigilanza dei contratti pubblici. Per le nomine governative relative ai vertici degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e ad alcune posizioni di vertice deliberate dal Consiglio dei Ministri su 79 posizioni di vertice di diretta collaborazione dei Ministri (Capi e Vicecapi di Gabinetto e di Ufficio legislativo, Capi della segreteria tecnica) le donne sono in tutto 14 (il 18%) del totale, prevalentemente concentrate nel ruolo di Vice. I Capi di Gabinetto donne sono solo 2 e 7 su 15 sono Vice Capo di Gabinetto, pari al 47%. Per i vertici degli enti pubblici nazionali, il Consiglio dei Ministri ha nominato una sola donna su 10 nomine totali, pari al 10%. Il dato è in linea con il trend rilevato nel precedente rapporto e riferito al Governo Monti.

Insomma i dati presentati non sono confortanti né inducono a pensare che si possa cambiare in meglio a breve termine.

Ma dal prossimo luglio l’Italia avrà la presidenza del semestre europeo e il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha già anticipato che l'Italia metterà nei primi posti dell'agenda politico-economica proprio la questione della presenza femminile nei c.d.a. delle società quotate, con la proposta della Commissione europea di stabilire una quota minima del 40%, entro il 2020, per il genere meno rappresentato.

Insomma sembra che la seconda metà del 2014 sia foriera di belle speranze.

Ma si sa, chi di speranza vive …

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