Privacy e libertà - Lo Stato si ferma sulla soglia di casa: dentro o fuori?
Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007
I movimenti di liberazione delle donne hanno aperto un dibattito appassionato sulle concezioni di pubblico e di privato, mettendo in dubbio la linea che divide i due mondi ed esplicitando la costante ambiguità del pubblico rispetto al privato. Se la casa, se il privato familiare delle donne sono state la “condizione” storicamente data nella quale sono vissute le donne, luogo nel quale le donne esercitano la loro “primaria funzione” di mogli e madri, perchè il pubblico, quindi lo Stato, interviene in maniera costante a determinarne contenuti e forme?
Come non leggere infatti in questo modo, in primo luogo le questioni legate alla procreazione, non solo in termini penali, le legislazioni sull’aborto, ma anche in termini positivi, sostegno alle famiglie e alla procreazione, fino alle ultime leggi sulla conciliazione?
Un privato quindi, che si ferma sulla soglia di casa, ma verso il quale il pubblico è intervenuto per regolar, in maniera determinante, possibilità e modalità di rapporti.
Ma le donne sono uscite da casa, anche se ancora in maniera insufficiente, sia nel lavoro che nella politica, e hanno rotto in qualche modo la situazione data, scontata. Infranto lo schema che prevedeva due mondi isolati: il privato e il pubblico, le conseguenze politiche erano tante, e forse almeno alcune hanno capito che la scissione privato pubblico non era tanto amica delle donne.
E, per molte di noi l’osservazione sui limiti del confine tra pubblico e privato ha significato, andando avanti, anche quella di mettere al centro del dibattito una ulteriore riflessione: il privato è politico, questo ci siamo dette per anni. Questo ancora molte di noi sostengono.
Riflessioni diventate inattuali, sembra oggi, su due versanti: l’intromissione del pubblico rispetto al privato è evidente, dove l’atteggiamento di parte dello Stato (e non voglio parlare della Chiesa cattolica) tende a diventare sempre più invasivo e soprattutto portatore di una morale che tende a ribadire sempre di più ruoli tradizionali. Ed inoltre appena finita la difesa della vita, tante troppe madri vengono abbandonate a se stesse, e non certo per garanzia del privato. Quindi il quesito iniziale è diventato altro: come lo Stato, il pubblico può intervenire rispettando nuovi ruoli e nuovi destini delle donne.
Nello stesso tempo però abbiamo assistito in maniera invadente al tentativo di difendere la cosiddetta privacy, soprattutto degli uomini politici. Argomento delicato ma che seppure “ai margini” voglio toccare.
Sostenere come abbiamo fatto che il “privato è politico” voleva dire mettere in discussione la possibilità di separare nettamente la sfera più intima delle nostre relazioni dalla nostra partecipazione alla vita pubblica. In un sistema democratico di libertà di stampa la strabordante visibilità dei politici può anche comportare il rischio di critica che invada il privato. Del resto sono i politici che ci hanno abituato a questo: famiglie usate come sponsor per le campagne elettorali,
presenza nei varietà televisivi, e così via.
Delle due l’una a questo punto, o lo Stato si ferma ancora una volta sulla soglia di casa, o anche i politici devono rendersi conto che il privato è politico e comportarsi di conseguenza. Ci sarebbe da dire che tutto quello che è stato denunciato come violazione della privacy aveva come protagoniste donne, che pur criticabili subivano il potere come strumento di ricatto o seduzione, ma questo sarebbe un altro discorso.
(8 maggio 2007)
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