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Il medico di campagna

Il medico di campagna

Film gentile e malinconico, tutto giocato sui mezzi toni, sull’intuìto più che sul detto, sull’implicito più che sull’esplicito, sull’accenno rapido subito sorvolato, sul pudore dei sentimenti

Lunedi, 30/01/2017 - Il medico di campagna

A cura di Adriana Moltedo esperta di Comunicazione e Media



Il medico di campagna è una storia semplice e autentica raccontata in modo semplice, senza effetti speciali di alcun tipo. Buona commedia francese. Jean Pierre è medico di base in un piccolo villaggio del nord della Francia.



Tutti gli abitanti di un paesino di campagna possono contare su Jean-Pierre, il medico che li ascolta, li cura e li rassicura giorno e notte, sette giorni su sette. Malato a sua volta, Jean-Pierre assiste all'arrivo di Nathalie, che esercita la professione medica da poco tempo e ha lasciato l'ospedale dove lavorava per affiancarlo.



Così una sagoma femminile sbuca dalla nebbia una sera e il passo deciso delle lunghe gambe ci dicono che sarà una donna fatale, una che lascerà un’impronta, qualcosa di nuovo nell’aria di paese. Nathalie Delezia (un’affascinante Marianne Denicourt) una giovane, non giovanissima, e determinata dottoressa con esperienza prevalentemente di pronto soccorso .



François Cluzet di “Quasi Amici”, ora è un medico di campagna. Dinamico e sempre in movimento, abituato ai suoi giri in visita dei paesani, il suo ambulatorio sempre popolato, ha una parola rincuorante per tutti, parole che spesso servono più delle medicine. Ha un figlio lontano e della moglie non è fatta menzione. In solitudine comincia ad affrontare una malattia (in)guaribile che ha a sua volta.



Film gentile e malinconico, tutto giocato sui mezzi toni, sull’intuìto più che sul detto, sull’implicito più che sull’esplicito, sull’accenno rapido subito sorvolato, sul pudore dei sentimenti.



La macchina da presa gioca tra grigi paesaggi, intensi primi piani, pagine sanguigne di vita di campagna, freddi interni ambulatoriali e ospedalieri, pennellate espressionistiche.



La sagoma femminile è di Nathalie, la Marianne Denicourt dal bel sorriso, si rivela essere non una paziente, ma un’aiutante dottoressa mandatagli in apprendimento dal medico amico dell’ospedale, l’unico a sapere della malattia di Jean- Pierre.



Mai un bacio tra i due, mai un abbraccio pure se in qualche momento pareva essercene la voglia, essendo nata una certa amicizia oltreché una proficua collaborazione. Complice deve essere stata la bonarietà dell’atmosfera e dei suoi paesani, e gli avvenimenti che la piccola comunità celebra assieme. Un film senza troppe pretese, mezzo commedia e mezzo drammatico ma una storia positiva, amabile, lascia come un senso di ottimismo e di speranza.



Questo è il secondo film autobiografico per Thomas Lilti, "Il medico di campagna" ribadisce il discorso di Hippocrate.



Nondimeno, Lilti, esigente ed essenziale come il suo protagonista, disegna un ritratto credibile di un generalista negli angoli isolati della nazione, indefesso lungo le strade infangate o dentro il brusio confuso di una sala d'attesa sempre affollatissima.



Il medico di François Cluzet, mélange di sollecitudine e autorità che governa parola e stetoscopio, è il filo rosso del tessuto sociale.



E il film, umanista e solare, partecipa della relazione 'terapeutica' che Jean-Pierre intrattiene con la sua comunità, vivace e umile galleria di ritratti genuini. Thomas Lilti si conferma in sostanza cronista sensibile del proprio mestiere, dell'apprendistato e della sua trasmissione.



Ex internista, l'autore francese prosegue la sua riflessione sul corpo medico passando dalla città alla campagna, dai medici ospedalieri ai cavalieri solitari delle zone rurali.



E solitario è pure il suo protagonista, medico di campagna infaticabile che lavora sette giorni su sette fino allo sfinimento e fino a quando un cancro non lo obbliga a fermarsi. Una pausa che converte il medico in malato e permette al regista di insistere sul legame che esiste tra medico e paziente, confrontando due distinti approcci alla medicina: uno tradizionale ed empirico, l'altro metodico e scientifico.



Bravi gli attori, François Cluzet uno dei prediletti di Chabrol, ha avuto la nomination Cesar 2017 come miglior attore per questo film e Marianne Denicourt, nel 2014, fu candidata al premio César come Miglior attrice non protagonista per il precedente film Hippocrate sempre di Thomas Lilti.



Di giorno e di notte, col buono e il cattivo tempo, Jean-Pierre Werner percorre le strade sterrate di campagna per raggiungere i suoi pazienti. Medico devoto alla professione e ai piccoli o grandi malati della sua comunità rurale, gli viene diagnosticato un cancro al cervello e consigliato di trovare alla svelta un assistente, Nathalie che ha un buon carattere e incassa bene le bizzarrie che Jean-Pierre impone al suo tirocinio.



Paziente dopo paziente, chilometro dopo chilometro, la rivalità cederà il posto alla fiducia e a un sentimento indeterminato tra solidarietà e desiderio.

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Lilti sottolinea daccapo l'importanza della parola, quella officinale che i protagonisti rivolgono a una giovane donna incinta, a un bambino in ambasce, a un vecchio uomo moribondo. Ambasciatore, sullo schermo e negli ambulatori, di una medicina narrativa che fortifica la pratica clinica e migliora l'efficacia della cura, l'autore colma le lacune (emozionali) della scienza accomodando al cuore della storia due medici votati al paziente che si spostano, ascoltano, confortano, alleviano, sostengono, accompagnano dimostrando una conoscenza intima dei loro assistiti, forgiata da una relazione di fiducia e prossimità. Confidenti di momenti difficili, sovente ultima risorsa, sono la luce nella notte degli afflitti.

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