Martedi, 28/05/2019 - “Tenacia e coraggio sono le caratteristiche indispensabili per fare impresa. Le donne sono più coraggiose e più tenaci degli uomini, e questo, secondo me, è uno dei tratti che caratterizza la presenza femminile nel lavoro cooperativo, insieme a particolari attitudini nell’agire: la sensibilità, l’ascolto, il trasferimento delle esperienze messe al servizio della cooperativa in modo che diventino patrimonio di tutti affinché insieme si cresca”. La presidente Elisa Paris ha così introdotto l’incontro del 10 maggio (video), ultimo del ciclo iniziato a novembre, con la presentazione dell’Agenda NOIDONNE Cult2019, cui hanno fatto seguito con cadenza mensile focus sulla Medicina di Genere, sulla violenza e sugli stereotipi. “Volevamo soffermarci sul tema del lavoro parlando dei valori cooperativi e della pratica quotidiana, sulla base delle nostre esperienze come donne” spiega Giovanna Mannarà, socia della cooperativa Nuove Risposte, che ha curato l’organizzazione degli incontri insieme a NOIDONNE.
Su un aspetto dello specifico del femminile nella cooperazione è intervenuta Anna Vettigli, responsabile del Lazio di Legacoopsociali. “Si dice che una delle caratteristiche fondamentali delle donne sia la resilienza, che è la capacità di affrontare un evento stressogeno traendone forza e sollecitazione per elaborare cambiamenti positivi. È un’attitudine che ho riscontratonella mia esperienza personale e nel percorso professionale, vissuto accanto alle donne nell’ambito della cooperazione e nella gestione anche dei problemi incontrati dal settore negli ultimi anni forti difficoltà economiche, a causa della crisi, e reputazionali. Proprio grazie alla resilienza il mondo cooperativo ha messo in campo altre capacità anche modificandosi, ed è stata una risposta efficace. La cooperazione a Roma e nel Lazio è caratterizzata da una forte presenza femminile ma le criticità si ritrovano nella governance, con uno scarso 35% di donne ai vertici. Dunque il tema, oggi, è aumentare le donne nella dirigenza, occorre recuperare quella che è una perdita in termini di valorizzazione delle competenze. A Roma, come in tutta Italia, le donne hanno studiato di più ma rimangono indietro nei salari, nel trovare lavoro e nella progressione di carriera. È un gap che va assolutamente ridotto”.
Il punto di vista di una socia lo ha illustrato Annarita Rinaldi, soffermandosi sul senso dell’impegno come donna che si sente parte integrante della cooperativa. “Riflettendo su questo intervento mi domandavo quali sono le ragioni che inducono donne e uomini a rimanere nella cooperativae la risposta che mi sono data è: lavorare insieme per un obiettivo comune da raggiungere insieme, nella condivisione di principi fondamentali quali, per esempio, la responsabilità soggettiva che ciascuno di noi mette in campo per raggiungere l'obiettivo. Responsabilità soggettiva che diventa poi responsabilità di gruppo e lì c'è la motivazione che ti spinge a restare nella cooperazione. Io lavoro nella cooperativa dal 2007, ma sono socia dal 2012. Un cambiamento interiore c'è stato quando, con la responsabilità di socie, abbiamo deciso di costituire il gruppo clinico (NRA) Nuove Risposte Ascolta nel comune intento di fare in modo che la nostra professionalità potesse avere altri sviluppi nell’ambito della cooperativa stessa. Abbiamo realizzato una piccola esperienza imprenditoriale in seno ad una cooperazione più grande, crescendo noi e creando nuovi servizi: in questo modo si è sposata la responsabilità soggettiva con la responsabilità collettiva”.
Il dibattito è stato molto stimolato da molte testimonianze, a partire da Costanza Fanelli, che ha portato il suo contributo sia da dirigente che ha contribuito alla nascita di Legacoopsociali sia come storica referente di NOIDONNE. “L’attenzione al mondo della cooperazione femminile in Noi Donne viene da lontano, con articoli pubblicati nel 1949 in cui la forma cooperativa era vista come una modalità di uscire di casa e come un protagonismo evidente delle donne. Ho potuto vedere l'emersione delle donne nel sistema cooperativo. Negli anni ‘80 il settore dei servizi sociali si avviava verso una nuova fase dopo quella del dopoguerra, si sviluppava un nuovo legame tra l'emergere delle donne e il mondo cooperativo. La cooperazione sociale è in gran parte frutto di questo investimento delle donne nei bisogni che loro hanno saputo leggere, prima di tutti, nelle famiglie e nei quartieri facendo nascere esperienze come quella di Nuove Risposte, dove le giovani di allora hanno investito se stesse per intraprendere insieme ad altri. Questa è una cosa bellissima da sottolineare e da discutere ancora oggi, cercando anche di capire le nuove motivazioni e nuovi bisogni ai quali le giovani che vogliono fare cooperazione fanno riferimento per dare servizi innovativi”.
Sul filone dell’intergenerazionalità è intervenuto Fernando Piazza, responsabile dell’area Disagio Psichico di Nuove Risposte. “Non credo che ci siano differenze tra le generazioni di ieri e di oggi, è il contesto ad essere cambiato. Ieri le donne vedevano nella cooperazione la strada percercare la libertà sia economica che di movimento. Per i giovani, oggi, è tutto diverso: non cercano soldio libertà. Le donne ieri si dovevano emancipare, oggi mi pare ci sia una società che va emancipata. Una differenza tra gli uomini, anche in passato, la vedo nella relazione con la cooperazione: molti la vivono come ‘passaggio’ in attesa di altro. Se ne vanno anche perché c’è uno scarso riconoscimento sociale del lavoro cooperativo. Dunque chi rimane fa una scelta sapendo che ciascuno ha dei compiti e deve impegnarsi al meglio, che ciascuno è responsabile di se stesso. Devo dire che a me la cooperazione ha permesso di realizzare dei sogni”.
I sogni si intrecciavano con il progetto politico, che nelle socie più grandi è stato il motore che ha dato il via a iniziative e sperimentazioni. “Alla fine degli anni ‘70 la cooperazione rispondeva in primis al nostro bisogno di lavorare come donne e alla nostra voglia di autosostenerci, cosa non scontata né ieri né oggi - riflette Mariella Zotti, vicepresidente di Nuove Risposte -. Quel bisogno si è incontrato e intrecciato con le necessità di fasce di popolazione (gli anziani, per esempio) che hanno cominciato a capire che la cura era un diritto e non si risolveva con l’assistenzialismo. Entrando nelle case abbiamo anche conosciuto donne che si erano chiuse in casa per gestire la famiglia, si è rafforzata la consapevolezza che il nostro lavoro aveva una valenza politica e sociale. In questo contesto è cresciuto il senso cooperativo, tra dibattiti e scontri, ma da socia impari a farti carico del problema collettivo sapendo che ci portiamo a casa il giusto. L’esempio vivo è il luogo dove siamo: Cantiere Infanzia è stato un nostro investimento in un bene comune che ha riqualificato il quartieree che ci ha anche dato lavoro. Abbiamo puntato sulla reputazione, che è stata ed è la nostra carta vincente: è il riconoscimento nel territorio di quello che sei sulla base di quello che fai. È una cultura che va trasmessa perché potrebbe salvare il nostro Paese”.
Ecco, torna il tema della trasmissione e delle differenze tra generazioni che convivono nel lavoro cooperativo. “Io che sono della generazione di mezzo - dice Alessandra Malizia - la differenza la vedo, per esempio, nella resistenza fisica e mentale che io non avrei. Poi ci sono differenze notevoli anche nella capacità di visione globale, del futuro”.
E c’è anche un richiamo alle positività del diverso stare nella cooperativa, oggi, ed è Alessandra Grifoni, una delle fondatrici di Nuove RIsposte, a sottolinearlo. “Noi abbiamo fatto una grossa fatica di conciliazione tra la vita privata e lavorativa e abbiamo pagato un prezzo. Voi giovani avete fatto un passo aventi e volete trovare nuovi equilibri che vi consentano di tenere insieme tutto: lavoro, famiglia e anche relazioni amicali. Poi sulla nostra grande energia, che dire… è la responsabilità che ti da la carica e ti toglie il sonno. Mio figlio mi dice spesso che ho lavorato tanto: è vero, gli rispondo ma aggiungo, che ci siamo anche tanto divertite”.
È Valentina Zotti a spiegare il punto di vista di una giovane socia molto motivata: “la cooperativa sta vivendo una fase delicata, in cui abbiamo voglia di sperimentare e sperimentarci, condividendo e prendendoci responsabilità. È un bel momento”. Giovanna Mannarà è giovane e si ritrova in pieno nei principi e nelle motivazioni che, probabilmente, sono nel dna del cooperante di qualunque età. “Per me il lavoro in cooperativa è una scelta politica ed è compatibile con i miei ideali. La responsabilità intorno ad un bene comune è un ideale, insieme alla consapevolezza che la cooperativa non è un concetto astratto perché è fatta di persone e quindi di ascolto. E io ho sempre sentito che il mio parere lo posso esprimere”.
La presidente Elisa Paris, chiudendo l’incontro, ha spiegato che l’ascolto è importante, sempre e per chiunque, perché “amplia lo sguardo creando nella cooperativa un terreno fertile che consente di inventare e di crescere”.
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