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Il contesto internazionale. Secondo noi

Il contesto internazionale. Secondo noi

- Sono tante le donne che con coscienza e competenza vogliono la pace. Varrebbe la pena di avviare una nostra “internazionale”

Giancarla Codrignani Mercoledi, 02/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015

Bisogna guardarsi attorno. Almeno ogni tanto. Come donne siamo preoccupate, soprattutto a partire da noi. Donne di altri paesi sono tornate sulle copertine con il volto da vittima della guerra. E, naturalmente, con il commento che le donne vorrebbero la pace. Cosa non del tutto vera perché incontriamo ragazze che partono per la Siria convinte peggio dei maschi combattenti che “dio lo vuole” o “madri di “martiri” che armano i figli ancora superstiti per vendicare i morti. Tuttavia le sfide, le lotte, la violenza piacciono soprattutto ai maschi: noi donne, quando ricuperammo lo slogan “la guerra fuori dalla storia”, non avevamo così chiaro come oggi che davvero la guerra non ce la possiamo più permettere.

Un recente appello di esperti di intelligenza artificiale tra cui Elon Musk, Stephen Hawkings e Noam Chomsky, presenti alla International Joint Conference on Artificial Intelligence di Buenos Aires chiedeva il bando globale “delle armi autonome", quelle che, se l' "intelligenza artificiale" rendesse operative strategie elettroniche autonome, potrebbero selezionare e colpire obiettivi autocomandandosi senza intervento umano. Un salto qualitativo: dalla clava alle armi da fuoco, al nucleare, all' "intelligente” che renderebbe possibili pulizie etniche, attentati destabilizzanti, appropriazioni di territori, esecuzioni selettive a costi irrilevanti e strumentazione accessibile a dittatori e terroristi. Davvero diventeremo stupidi e le cose intelligenti?

Putin e Obama, dopo essere stati a guardare il formarsi delle cellule terroristiche e l'occupazione di mezza Siria da parte dell'Isis, pur consapevoli dei rischi, si sfidano tra loro. Come se il Medioriente non si fosse tremendamente allargato dalla Tunisia al Pakistan, con problemi sempre più gravi. Dal 1947 è aperto il fronte Israelo/Palestinese e il Libano, la Giordania, l'Egitto ne hanno pagate e ne pagano le conseguenze. L'Europa potrebbe farsi mediatrice ma manca di forza politica. Straordinario il caso Gheddafi: non era un liberale, ma era pur sempre stato Presidente dell'Unità Africana; tuttavia, quando la Francia decise di aiutare la democrazia libica con le armi, l'Italia, nonostante l'allora Presidente Berlusconi gli avesse baciato la mano, lasciò fare, il tiranno venne ucciso e le fazioni aprirono un conflitto che speriamo di risolvere diplomaticamente, almeno per non passare l'inverno al freddo senza gas.

A sua volta Obama vuole la testa del siriano Bashar al Assad: non è un angioletto, ma nel 2010 era stato nominato Cavaliere di Gran Croce da Napolitano e frequentava riverito l'Eliseo di Sarkozy perché considerato un elemento di equilibrio in un'area a rischio, dove, per esempio i cattolici non incontravano problemi. Per favorire il passaggio alla democrazia gli Usa hanno fornito dollari e armi ai sunniti, che sono il 90% della popolazione. Lo stesso scenario era già stato visto nella guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein da parte di Bush interessato alle vie del petrolio fino a mentire all'opinione pubblica internazionale. Buona socia in affari degli Usa era ed è l'Arabia Saudita, che è sunnita, sostiene i confratelli siriani e contrasta l'Iran sciita. Sullo sfondo, amorosamente coltivato dalla politica di potenza degli occidentale (Russia compresa), si è consolidato l'Isis dei fanatici che promettono morte al mondo per ricostruire il grande Impero Ottomano. Anche Putin è dovuto intervenire: anche a lui interessano le vie del petrolio e gli fa paura la presenza di paesi islamici in casa. Ma ha preso posizione a favore dell'altro campo, gli sciiti e l'eretico Bashar. Siccome il problema vero è l'Isis, sarebbe ovvio unire le forze contro il nemico comune. Invece i due leader si impelagano nelle contraddizioni e gli altri governi si adeguano.

Per non avere aiutato i paesi più svantaggiati con una efficace cooperazione e con le competenze della diplomazia, il bacino del Mediterraneo si è riempito di morti che cercavano rifugio da pericoli e guerre ed è cresciuto l'odio, quello fratricida tra paesi divisi al loro interno e quello nei confronti degli occidentali, sfruttatori, capitalisti e cristiani per sempre “crociati”.

Anche ad arabi e musulmani, come a tutti del resto, manca una “visione” che produca consapevolezza del comune processo di trasformazione che coinvolge il futuro comune. Eppure ovunque ci sono donne che, non solo intuitivamente, ma con coscienza e competenza vogliono la pace. È perché non abbiamo i mezzi materiali, ma varrebbe la pena di avviare una nostra “internazionale”.

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