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Il COGNOME MATERNO in Italia e la stampa femminista distratta

Il COGNOME MATERNO in Italia e la stampa femminista distratta

Informazioni d’una stampa-fotocopia che poco informa sulle proposte di legge

Domenica, 24/11/2019 - Si moltiplicano on line in questi giorni gli articoli che propugnano solidalmente l’avanzamento di una nuova legge sul Cognome dei figli, di eterno stazionamento in Parlamento a datare dalla prima, dell’on. Magnani Noya, dell’ottobre 1979. Da allora altre ne sono state avanzate, fin qui inutilmente.
Oh, che bello, ma che bello, ah!

Neanche uno di questi articoli recenti, quasi tutti stranamente uniformi, nasceva dall’intento di spiegare ai lettori QUALI proposte siano attualmente presenti alle Camere e dunque quali siano i contenuti più probabili di una riforma che – durata della legislatura permettendo – potrebbe modificare, in un modo o nell’altro, l’assetto della legislazione corrente.

Da detti scritti quasi tutti fotocopia comparsi, abbiamo appreso due cose fondamentali. L’una è che l’Associazione Rete per la Parità si ripropone di ottenere l’istituzione, da parte del Governo, di un tavolo tecnico interministeriale sul tema – così ha dichiarato la sua Presidente, Rosanna Oliva De Conciliis (Rosa Oliva); l’altra è che esiste un movimento popolare pro riforma, rilevabile dal numero ragguardevole di firme, coagulatesi intorno a una petizione lanciata già nella scorsa legislatura dall’ex parlamentare Laura Cima, per una calendarizzazione immediata dei lavori.

Utile anche il riferimento alla disparità di trattamento tra i coniugi, derivante dalla sentenza 286/16 della Consulta, che, aprendo alla scelta di attribuire ai figli il doppio cognome al momento della nascita, ha subordinato però questa possibilità alla volontà comune dei genitori, ponendo così il diritto della donna in posizione dipendente dalla volontà dell’uomo, con evidente violazione dell’art. 14 della CEDU (non può infatti mai verificarsi il contrario), come io stessa ho rilevato in una mia missiva del novembre 2017 al Quirinale (link ), dopo una precedente analisi della sentenza (link).

E qui finiscono le informazioni contenute negli interventi giornalistici di questi giorni. Per il resto silenzio.

Silenzio sulle caratteristiche delle proposte parlamentari esistenti, silenzio sulle criticità che in queste albergano e che ho messo in luce in un altro mio scritto ben visibile on line (link), twittato a diverse testate e giornaliste, silenzio su una mia petizione lanciata il 14 gennaio 2018 (link, link, link) che contiene una proposta in dodici articoli utili a configurare una legge DIVERSA da quelle avanzate dalle parlamentari. Pure, quella mia petizione è stata consegnata al Parlamento e annunciata in ciascuna delle due Camere (n. 59 Senato link; n. 54 Camera link). Esiste, è stata assegnata alle due Commissioni Giustizia ma di essa non si accenna nemmeno. Come mai?

Se il diritto di presentare petizioni è previsto dall’art. 50 della nostra Costituzione (link), non si comprende perché quella su cui si argomenta debba essere sistematicamente ignorata dalla stampa che del cognome materno prova a scrivere.
Forse perché non ha ottenuto un numero stratosferico di adesioni? Certo, ma ne ha avute una quantità sufficiente a determinarne presentazione e lettura e d’altra parte la minore copiosità delle firme, rispetto ad altre eventuali petizioni, deriva proprio dalla sua STRUTTURA, che è quella di una regolare proposta di legge con riferimenti ad articoli preesistenti e introduzione di nuovi, cosa che ne fa uno strumento giuridico più difficilmente valutabile ad una sommaria visione e meno accattivante, a livello di massa, di una giustissima ma generica chiamata alle armi per una soluzione del problema.

L’attività di documentazione delle addette ai lavori (ma anche degli addetti…) potrà un giorno inverarsi nello sforzo giornalistico di informare il pubblico di questa petizione, di compararla alle proposte legislative esistenti (ovviamente, dopo averne preso conoscenza), così da porre una formulazione evoluta (la mia terza sul tema, parte ineliminabile di un mio progetto unitario) all’attenzione di un pubblico più vasto, sollecitando di conseguenza l’attenzione dei destinatari e decisori finali?
È per caso un chiedere troppo alle donne, che siano o no femministe, ma anche a eventuali uomini attenti, per una riforma che se dovesse sostanziarsi in una modifica all’acqua di rose potrebbe solo ridurre ma non eliminare lo squilibrio tra i padri e le madri, a svantaggio delle donne e dei figli?

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NOTA
Articoli del mese sul cognome materno ai figli, in ordine di apparizione:

6 novembre 2019
h24notizie.com
Doppio cognome ai figli, il convegno organizzato dal “Moica” (link)

7 novembre 2019
womenews.net
RETE PER LA PARITA’: “COGNOME DELLA MADRE. A TRE ANNI DALLA SENTENZA DELLA CONSULTA RIFORMA FERMA AL PALO” (link)

7 novembre 2019
Milleunadonna.it
Nel nome della madre: ferma da tre anni la riforma sul cognome chiesta dalla Consulta (link)

7 novembre 2019
alleyoop.ilsole24ore.com
Cognome materno, è ora che la riforma sia calendarizzata (link)

12 novembre 2019
studiocataldi.it
Cognome materno ai figli: oltre 54mila firme per la petizione (link)

18 novembre 2019
LetteraDonna
Le cose da sapere sulla battaglia per la riforma del cognome in Italia (link)

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Milano, 23.11.2019, © Iole Natoli

Link Esterno

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