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Il bacillo a manganello sta infettando la politica

Il bacillo a manganello sta infettando la politica

Benvenuti nel belpaese, dove gli italiani sono brava gente, e i celoduristi insieme a quelli del "vaffa" rappresentano il cambiamento che aspettavamo, finalmente, da decenni

Lunedi, 06/08/2018 - Ministri di una Repubblica antifascista che esternano contro leggi che puniscono l’incitamento all’odio razziale, e che di fronte ad una oggettiva escalation di aggressioni a sfondo razzista negano l’esistenza del problema per non parlare dei politici locali che, con grande fantasia, continuano a insultare l’ex Presidente della Camera e inneggiano alla pena di morte.
Benvenuti nel belpaese, dove gli italiani sono brava gente, e i celoduristi insieme a quelli del "vaffa" rappresentano il cambiamento che aspettavamo, finalmente, da decenni. Domando: quanto contano l’educazione alla gentilezza, alla nonviolenza, al rispetto, al confrontoimpartiti dalla famiglia e dalla scuola, (quindi dal mondo adulto che per primo offre l’esempio) e quanto pesa la sottovalutazione della formazione e della cultura nella veloce demolizione della democrazia?
Senza nulla togliere ai fattori economici, al peso della crisi e alla innegabile diminuzione del potere di acquisto negli ultimi decenni in Italia resto convinta che siano l’educazione e la cultura i fattori determinanti per arginare la violenza, o, al contrario, che l’assenza di cultura e di educazione più che le difficoltà materiali determinino la veloce polverizzazione della democrazia e del senso profondo della convivenza civile.
Un popolo ignorante è maggiormente governabile, ed è il piatto ricco di ogni totalitarismo: non c’è dittatura che non si espanda quando scendono i consumi culturali, l’attenzione agli investimenti nella scuola, nel patrimonio artistico, nella formazione permanente e nella sostenibilità ambientale, che generano a loro volta turismo responsabile e compatibile con ricadute economiche e lavorative.
In questi decenni con il berlusconismo prima, (se sei bella sposati un calciatore, se sei palestrato fai il tronista, tutti insieme senza alcuna competenza fate tv spazzatura) passando poi con la demolizione della politica (confusa tragicamente con i partiti) non tralasciando di citare la raffinata teoria dellarottamazionee il gufareil primo comandamento per emergere è stato: urla di più, insulta, attacca, picchia forte, soprattutto non ti curare delle conseguenze di tutto questo aggredire.
Con l’urlo politico, che nella contemporaneità italiana è offensivo e umiliante contro chi è più debole, si fa il pieno di consenso, si annulla ogni eventuale residuo di pensiero, come avviene negli slogansallo stadio e spesso anche in piazza: è raro che si ponga attenzione a ciò che si dice quando ci si muove nell’ingannevole urgenza della (presunta) rabbia ed è in questa sottovalutazione per l’impatto, e le conseguenze, delle parole che si annida il batterio a manganello, rubando la citazione al grande Gaber
Se si prestasse attenzione ai contenuti della potente quanto elementare propaganda del nuovo governo ci si renderebbe conto di come aveva ragione Gramsci nel ragionare sull’importanza della cultura: “Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri. Cosicché essere colto, esserefilosofo lo può chiunque voglia”.
Leggo due costanti nell’escalation di violenza degli ultimi mesi, che da verbale diventa poi pratica reale: la sottovalutazione del problema e la riduzione delle aggressioni alla dimensione di ‘goliardia’ o di ‘ragazzate’, una sorta di rituali di passaggio necessari,forse inevitabili e comunque propedeutici alla corretta formazione dell’identità adulta, individuale e collettiva.
Così, se quando (finalmente) agli insulti seguono le querele i leoni (e le leonesse) da tastiera si spaventano, si dicono contriti, quasi stupiti dalle conseguenze (non volevo offendere, ero arrabbiato, ho sottovalutato…); nel caso poi di gesti concreti si giura che l’aggressione (paradossalmente) non è causata da intenzioni malevoli, come se mirare ad un corpo umano con un fucile, gettare uova in faccia, o sassi, o sputi, oscrivere frocio su uno scontrino fosse qualcosa che può accadere indipendentemente dalla propria responsabilità e volontà.Ragazzate, anche quando si tratta di adulti.
Avevo già ragionato sulla superficialità e pericolosità nel sottovalutare il linguaggio violento da parte di chi fa politica, una pratica che alligna trasversalmente in ogni schieramento (chi avesse voglia può vedere quiqui qui
Nella sottovalutazione, da parte del governo, di quello che è palesemente un comportamento razzista che si va estendendo e legittimando c’è un elemento non trascurabile, a mio parere: l’usare il deterrente motivazionale dello ‘scherzo’, un fattore culturalmente interessante e peculiare nella contemporaneità. Italiani brava gente, pizza e mandolino, tarallucci e vino sono l’auto narrazione stereotipica molto potente e autoindulgente di cui ci si serve a man bassa per giustificare e depotenziare i gesti violenti e, in generale, il clima di intimidazione. Alle donne in generale, e alle femministe in particolare, è continuamente rimproverato di non avere il senso dell’umorismo; di prendersi, e prendere, troppo sul serio ogni cosa; di sopravvalutare le battute; di ingigantire le situazioni e vedere la violenza dove questa non c’è.
Di essere ossessive, eccessive, pesanti. “Fattela una risata”, è il leit motiv usato per depotenziare le osservazioni sul sessismo pervasivo nella cultura e nel comune sentire. L’attivismo altermondialista è noioso, musone, allontanante, non è cool e ovviamente nemmeno sexi. A sinistra poi non ne parliamo: un fondo di verità ci sarà certo, figuriamoci, anche se la favola di Berlinguer come leader triste è una delle fake news ante litteram usate negli ultimi decenni per ingabbiare nel clichè di vetero chiunque lotti per l’uguaglianza e i diritti inclusivi in modo civile, colto, senza gridare emettendo suoni gutturali a caso, schiumando odio e rancore
Ma attenzione a confondere la risata offensiva che sostiene e conferma il potere denigratorio con la risata che origina dall’intelligenza e dall’arguzia del sapere e che, quindi, nutre il cervello e amplia gli orizzonti.
Una buona definizione di umorismo è questa: “umorismo è la capacità intelligente e sottile di rilevare e rappresentare l'aspetto comico della realtà”.
Su tutto è possibile, e vitale, sorridere e produrre pensiero lieve che alleggerisca la pena, persino sulla morte e sulla malattia: come non ricordare la sapienza della cultura anglosassone e nordamericana al riguardo, dai Monty Python a Dorothy Parker.
La sociologa Kate Kox, nel suo Watching the English, racconta come il sottotraccia della cultura e dell’educazione inglese sia sempre un fondo di umorismo, rivolto però maggiormente a prendere in giro il proprio mondo, non a denigrare l’altrui.
Molto distante, mi pare, dal legittimare come umoristico l’insulto verso le donne, le persone omosessuali, quelle con pelle colorata, per il solo fatto di essere un bersaglio facile. Molto lontano dal liquidare con un mediocre siparietto la questione migrante, come ha fatto il leader Grillo (nato comico) nella sua finta telefonata al ministro degli interni .
Ma se è questo l’esempio del mondo adulto, dalla famiglia al mondo della scuola passando per chi governa come sorprenderci se i ragazzini crescono arroganti, violenti, incapaci di provare empatia, privi del senso del limite e della misura? Ammiro l’iniziativa dell’imprenditore veneto che ha acquistato spazio sulla stampa contro l’indifferenza e l’intolleranza così come comprendo la pena e la preoccupazione del consigliere impegnato nel Pd il cui figlio adolescente è tra i feritori dell’atleta Daisy Osakue: l’educazione al rispetto, in questa epoca ignorante e fiera di esserlo, muscolare e testosteronica, deve apparire agli occhi di un adolescente come una femminea indulgenza al buonismo, un residuo vetero del mondo degli sfigati, di quelli e quelle incapaci di farsi una risata.

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