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Il “Miglio Verde”. Il cameratismo va in scena

Il “Miglio Verde”. Il cameratismo va in scena

Le donne sono completamente assenti ad eccezione di una figura angelo del focolare

Martedi, 22/03/2022 - The Green Mile è un film americano datato, uscito nelle sale cinematografiche nel 1999 ma come docente ho avuto spesso dai miei studenti la richiesta di vederlo. A volte mi lascio guidare da loro, per capire i loro gusti, conoscere i perché delle loro scelte.
La pellicola inizia con paesaggi incantevoli, panorami erbosi e sconfinati della Louisiana attraverso i quali si vede in lontananza una imponente costruzione. È il carcere di sicurezza che porta i detenuti alla sedia elettrica. Protagonisti 4 guardie carcerarie dell’ultimo miglio, tre che fanno gruppo tra loro e cercano di trattare umanamente il condannato, e il terzo piccolo, biondino e sadico che non vede l’ora di vedere friggere i condannati nel braccio della morte. Siamo negli anni ’30 ma potrebbe essere anche una storia dei giorni nostri visto che la Louisiana non ha ancora abolito la pena di morte. Arriva un uomo imponente, di colore, con catene. Il carceriere biondino grida: “uomo morto che cammina, uomo morto che cammina”. E già il regista Frank Darabont ci incammina su chi dobbiamo considerare buoni e cattivi. Il gigante buono si vede in flash back con le bambine in mano sgozzate mentre dice: “non ho fatto in tempo, perdono, perdono”. Il detenuto John continua a dire in carcere “grazie capo, si capo”, con una sottomissione che fa scattare la pietà dell’uomo bianco Paul, carceriere dal cuore d’oro, che quasi come un sacerdote gli dice che Dio avrà pietà della sua anima.
Il film sembra buonista ma incita all’occhio per occhio: quando il collega biondino fa la sua ennesima azione crudele, viene sbattuto bagnato e con camicia di forza in isolamento dai colleghi buoni che non sopportano le sue angherie sui prigionieri. Il grido che si leva nella classe che guarda la pellicola è “hanno fatto bene”. E qui il mio sguardo di educatrice mi invita a pensare che forse il film tanto buonista non è.
Il cattivo impazzisce e va in un ospedale psichiatrico la cui insegna assomiglia a “Il lavoro rende liberi”. Non sembra un caso l’accostamento di questa citazione a un carceriere che sembra nelle fattezze e comportamento un SS.
Le donne sono completamente assenti ad eccezione di una figura angelo del focolare e un’altra malata, nel letto di casa, accudita dal marito dirigente del miglio verde. Un quadretto familiare incantevole. Nella seconda parte del film si comprende che John è innocente e che il bravo Paul non può fare niente per evitargli la pena di morte. Lo va a trovare in cella e gli chiede cosa potrebbe fare per lui. John lo assolve e gli dice: “non puoi fare nulla capo, non ti preoccupare per me, vorrei solo come ultimo desiderio assaggiare la focaccia di tua moglie e vedere un film di Fred Astaire” e gli prende la mano. L’uomo medio bianco carceriere è assolto dalla stessa vittima. Questo il finale di un film molto premiato, ma che nel mio cuore non ha lasciato nessun valore. Nessuno.
Elena Manigrasso

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