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Il 72esimo Festival di Cannes: qualità, stile e coraggio

Il 72esimo Festival di Cannes: qualità, stile e coraggio

Dalla selezione delle opere, alle giurie, alla parità fra i lavoratori della Croisette, il Festival sostiene le lotte per l’emancipazione e l’autodeterminazione femminile

Mercoledi, 22/05/2019 - Il Festival di Cannes, che si svolge dal 14 al 25 maggio, anche quest’anno miscela con sapienza cultura, tradizione, internazionalismo, glamour, insieme a tanto buon cinema ed a numerose opere scritte e dirette al femminile, o che descrivono aspetti della condizione femminile, tra narrazioni, contenuti e impegno sociale.

Innanzitutto il Festival ci tiene alla parità di genere e lo sottolinea in cifre: la squadra parigina che lavora tutto l’anno alla manifestazione è composta da 109 persone, di cui 66 donne, una percentuale del 61%. Quando il team arriva a Cannes si rinforza considerevolmente con altre 865 persone, il 46% delle quali donne. In totale, il team festivalieri del 2019 è composto da 974 persone, 468 donne, 506 uomini, ovvero una percentuale di dipendenti del 48%. Non si conoscono i ruoli ma, nel rispetto di uno dei principi fondamentali della democrazia francese (l’égalité), anche il comitato di selezione delle opere annunciato all'inizio dell'anno e le diverse giurie hanno una componente di metà donne e metà uomini. Ed è una scelta precisa.

Fra le opere interessanti di registe in concorso, da segnalare ‘Atlantique’, di Mati Diop, prima donna franco-africana ad avere un film selezionato in concorso a Cannes, regista 36enne, figlia di madre francese e del musicista senegalese Wasis Diop, e soprattutto nipote del cineasta Djibril Diop Mambety – che ha orientato il suo percorso verso il cinema. L’artista sceglie Dakar come luogo simbolo per ambientare il suo primo lungometraggio, un’opera tra realtà e fantasy, che denuncia lo sfruttamento dei lavoratori senegalesi, la piaga dei viaggi della speranza nell’Atlantico in cerca di una vita migliore e, al tempo stesso, ripercorre a ritroso un viaggio nelle proprie origini. Altra opera in concorso, originale nello script e nelle intenzioni, ‘Little Joe’, della regista austriaca Jessica Hausner, che richiama certa fantascienza degli Anni Cinquanta/Sessanta, raccontando la pericolosa mutazione fitogenetica di una pianta che avrebbe dovuto avere scopi terapeutici.

Fra le pellicole della sezione ‘Un Certain Regard’, colpiscono il bellissimo film ‘Papicha’ (‘bella ragazza’), diretto dalla regista algerina Mounia Meddour, opera prima visionaria ed emozionante che racconta la rabbia, la ribellione e il desiderio di emancipazione di un gruppo di studentesse universitarie nell’Algeria degli Anni Novanta, quando il radicalismo religioso torna a farsi strada e cerca di soffocare l’esuberanza e l’energia di una gioventù che morde il freno. Le protagoniste del film, Nedjma, Wassila e le sue amiche, studiano di giorno e fuggono di notte per andare in centro città a respirare la vita dei locali notturni, danzare e fare nuove amicizie, finché un episodio tragico si abbatte sulle loro vite. Ma Nedjima sarà salvata dal suo amore per i tessuti tradizionali : decisa a fare un défilé all’Università non si arrende.

Intenso e drammatico anche ‘Beanpole’, diretto da Kantemir Balagov, giovane regista russo, è incentrato sulla drammatica storia di due donne reduci dal fronte e dall’assedio di Leningrado, con disturbi post traumatici da stress e ‘figli del fronte’. Basato sul saggio “The Unwomanly Face of War”, del premio Nobel Laureate Svetlana Alexievich, il film racconta, attraverso una storia, le tante storie al femminile legate alla condizione ed al fondamentale ruolo svolti dalle donne nella Seconda Guerra Mondiale. Due grandi attrici, Viktoria Miroshnichenko, nel ruolo di Iya, e Vasilisa Perelygina, in quello di Masha, con la magnifica fotografia di Ksenia Sereda, offrono un affresco al femminile di ampio respiro sulla forza di volontà e resistenza delle donne. Sempre nella sezione ‘Un Certain Regard’ (come film di apertura), si segnala il divertente e singolare film ‘La femme de mon frère’, della regista canadese di origini tunisine Monia Chokri, sui legami familiari e sulle difficoltà di un’intera generazione di trovare la propria strada.

Fra le opere impegnate, è stato presentato al 72esimo Festival di Cannes, il documentario di Juan Solanas “Que sea ley”, unica opera argentina presente, dedicato alla lotta per il varo della legge che renda l’aborto legale, sicuro e gratuito: “In Argentina - ha detto il regista - muore una donna alla settimana a seguito di un aborto clandestino e più di una al giorno ne muore in America Latina, dove 300 milioni di donne non hanno diritto ad abortire legalmente”. Il tappeto rosso della Croisette si è tinto di verde per il colore dei fazzoletti indossati come simbolo del movimento a favore della legalizzazione dell’aborto e per l’autodeterminazione fisica delle donne, uno degli obiettivi fondamentali per l’emancipazione della condizione femminile ovunque nel mondo. Fra i numerosi artisti che hanno aderito alla protesta per sostenere la causa del documentario, Pedro Almodóvar, Penelope Cruz e molti altri. Un plauso al regista, al movimento argentino “Ni Una Menos” e al Festival di Cannes che dimostra coraggio nelle scelte.


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