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Icona del cattolicesimo sociale statunitense

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Dorothy Day - Unica figura femminile citata nel discorso al Congresso USA, Dorothy Day piace a Bergoglio per il suo conservatorismo sui valori della fede

Cristina Carpinelli Venerdi, 04/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015

In occasione del suo viaggio negli USA, il Pontefice ha tenuto un memorabile discorso davanti al Congresso di Washington in seduta congiunta, durante il quale ha menzionato alcuni personaggi che hanno reso grande l’America, poiché “hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano”.

Si tratta del presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, del leader antirazzista Martin Luther King, del monaco trappista Thomas Merton e dell’attivista sociale Dorothy Day.Grandi americani, di cui onorare la memoria - afferma il Pontefice - poiché “nonostante la complessità della storia e la realtà della debolezza umana, questi uomini e donne, con tutte le loro differenze e i loro limiti, sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio personale, alcuni a costo della propria vita, di costruire un futuro migliore…la loro visione continua a ispirarci”.

Un filo conduttore tiene insieme questi paladini dell’amore per il prossimo, dell’avanzamento sociale e dell’incarnazione dei principi del Vangelo. Abraham Lincoln abolì la schiavitù, Martin Luther King fu il portavoce dei diritti dei neri, Thomas Merton sfidò le certezze del suo tempo, aprendo nuovi orizzonti per le anime e la Chiesa e facendosi promotore di pace e di dialogo tra popoli e religioni, infine, Dorothy Day lottò a favore dei poverie per l’uguaglianza sociale,fondando nel 1933 il “Catholic Worker Movement” (il movimento dei lavoratori cattolici).

Il Pontefice, in diretta mondiale, sotto la scritta in “God We Trust” (che sovrasta l’aula del Congresso degli USA), ha proposto questi quattro grandi figli dell’America come modelli di vita da seguire: “Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto il presidente Abraham Lincoln”; “quando promuove una cultura che consenta alla gente di ‘sognare’ pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare”; quando “lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro”, frutto di una fede che “diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di padre Thomas Merton”.

Nel Pantheon dei personaggi esemplari menzionati dal Papa c’è, dunque, anche una donna, che durante tutto l’arco del Novecento fu prima attivista sociale anarchica, militante suffragista, pasionaria dei diritti delle donne, poi figura di spicco del cattolicesimo sociale statunitense.

Dorothy Day incarna a pennello il nucleo del pensiero e dell’azione di Bergoglio. Sostiene il Pontefice: “In questi tempi, in cui le preoccupazioni sociali sono così importanti, non posso mancare di menzionare la serva di Dio, Dorothy Day, che ha fondato il ‘Catholic Worker Movement’. Il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e la causa degli oppressi, erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall’esempio dei santi”.

Ma vediamo più da vicino questa figura femminile. Nasce a Brooklyn nel 1897 da una famiglia borghese di fede episcopaliana. Cresce tra San Francisco e Chicago e, dopo avere interrotto gli studi all’Università dell’Illinois, torna a New York, nella Lower East Side, dove si avvicina ai movimenti della sinistra radicale marxista allontanandosi dalla religione. Nel 1925 comincia il processo della sua conversione al cattolicesimo, che sfocia nel 1927 con il suo battesimo e quello della figlia. Per mantenersi si dedica al giornalismo ed è proprio in questi anni, quelli della Grande Depressione, che matura la sua fede per la causa dei poveri. Dopo aver assistito come inviata alla Marcia per la Fame a Washington dell’8 dicembre 1932, l’anno successivo fonda, insieme al francese Peter Maurin, il quotidiano “The Catholic Worker” e il “Movimento dei lavoratori cattolici” (“The Catholic Movement Worker”), per aiutare i senzatetto e i bisognosi di New York, promuovere la causa dei diritti dei lavoratori e la non violenza. In seguito, Dorothy Day apre in un quartiere povero di New York la prima “casa di ospitalità”. Il movimento dei “Worker”, con le sue case e le sue comunità agricole, si diffonde rapidamente in altre città degli USA, in Canada e in Gran Bretagna: dal 1941 in poi sono aperte decine di comunità agricole ispirate alla filosofia economica del distributismo, ognuna indipendente, ma tutte affiliate ai Catholic Workers. Dorothy Day morirà nel 1980 in una di queste comunità.

Dorothy Day è anche conosciuta per aver cambiato radicalmente idea sulla liberazione sessuale delle donne: in gioventù - erano gli anni ‘20 - si batteva per la parità di genere e l’indipendenza femminile che doveva passare anche attraverso il controllo delle nascite. Poi, l’esperienza drammatica di un aborto illegale mutò il percorso della sua vita, tanto che negli anni ‘60 e ‘70 si scagliò contro il sesso libero e l’aborto. Nel 1974, quando la Suprema Corte americana legalizzò l’interruzione volontaria di gravidanza, firmò una lettera pubblica per condannare quella decisione: “Rifiutiamo categoricamente la posizione della Suprema Corte secondo la quale l’aborto è una questione esclusivamente privata tra la donna che potrebbe diventare madre e il suo medico. Protestiamo contro la logica e probabilmente inevitabile diffusione di una pratica che, sebbene abbia origine da un contesto personale, è presto diventata una politica sociale che coinvolge cliniche finanziate dalle casse pubbliche”.

Papa Bergoglio cita più volte Dorothy Day e lo fa anche quando discute della difesa della vita “in ogni fase del suo sviluppo”. Sappiamo che proprio la scelta della Day di abortire, quando era ancora una giovane donna, è stata la controversia più dibattuta nella sua canonizzazione, anche se poi nel 2000 il cardinale di New York, John O’ Connor, decise di appoggiare il percorso verso la sua santificazione, poiché Dorothy “si pentì dell’aborto ogni giorno della sua vita”. La “serva di Dio” aveva più volte sostenuto che “non c’è stato soltanto il genocidio degli ebrei. C’è anche un intero programma di controllo delle nascite e aborto, che è un altro genocidio”. Si era fatta, insomma difensora di uno di quei principi non negoziabili che già Benedetto XVI aveva posto come primo bastione contro il relativismo etico.

Non è certo casuale che il Papa menzioni questa “serva di Dio”, pentita di aver commesso il peccato di aborto, ora che in occasione dell’Anno Giubilare straordinario, che mette al suo centro la misericordia di Dio, il Papa stesso ha deciso di concedere a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere dal peccato di aborto le donne veramente pentite, poiché “il perdono non può essere negato a nessuno, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al sacramento della confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre”.

Quella di Dorothy Day è una storia complessa e contraddittoria. La sua ardente fede religiosa ispira e permea le sue azioni: nel ‘41 fonda la Lega degli obiettori di coscienza cattolici. La sua lotta pacifista dura per tutti gli anni ‘50 e ‘60, soprattutto col rifiuto di partecipare alle esercitazioni per simulazione d’allarme atomico e con l’astensione dal pagamento delle tasse destinate alla guerra. Non si esime, neppure, dalla critica alle autorità ecclesiastiche, per esempio allo scoppio della guerra civile spagnola, quando la gerarchia parteggia per le forze franchiste, e successivamente dal condannare l’intervento americano in Vietnam. Ricorre sovente allo sciopero della fame nel corso delle sue battaglie. Ma il suo spirito antiautoritario, antimperialista, così come la sua difesa dei diritti delle donne e dei neri si coniugheranno sempre più con un vero attaccamento alla tradizione religiosa. Ecco perché Dorothy non si troverà in sintonia col movimento del Sessantotto, giudicandolo una vera e propria manifestazione di permissivismo assoluto, nella quale individua un disordine preoccupante e deprecabile. Si opporrà decisamente alla rivoluzione sessuale degli anni ‘60 e sul divorzio indicherà sempre a tutti l’insegnamento della Chiesa.

#foto5dx# Dorothy Day piace a Bergoglio per il suo conservatorismo sui valori della fede (contro l’aborto, il divorzio e i matrimoni gay - anche se il Pontefice è più aperto su sessualità e bioetica) e rivoluzionarismo nel sociale. Proprio ripartendo dal Vangelo, il Pontefice sta cercando di portare aria nuova e pulizia, ridare vigore alla fede e rendere la Chiesa un punto di riferimento sostanziale per quanti vogliano costruire un futuro diverso da quello che i potenti hanno immaginato.

Ma per realizzare la sua missione, dettata anche dalle circostanze storiche, ci vuole sia il rispetto della tradizione sia la tempra dell’innovatore.



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