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HarassTracker. La mappatura delle molestie sessuali in Libano

HarassTracker. La mappatura delle molestie sessuali in Libano

Anche in Libano si registrano frequenti casi di molestie sessuali a testimonianza del fatto che il fenomeno sta acquisendo sempre di più nell’area mediorientale i connotati di una vera e propria devianza sociale da curare prima che sia troppo tardi

Venerdi, 05/08/2016 - Beirut. Le attività del sito sono iniziate solo da qualche mese, ma HarassTracker

http://harasstracker.org/  già sta facendo parlare di sé.

Le menti ideatrici del progetto sono Nay El Rahi, Myra El Mir e Sandra Hassan, tre ragazze libanesi che ispirandosi al sito egiziano HarassMap https://www.facebook.com/HarassMapEgypt

hanno deciso di realizzare un sito simile che operi una vera e propria mappatura delle zone dove avvengono le violenze.

“Abbiamo deciso di realizzare il sito per meglio documentare quanto sta accadendo nelle nostre strade, al fine di raccogliere quanti più dati ed informazioni per fare pressione sugli organi politici perchè devono badare alla sicurezza delle donne che camminano per strada” dice Nay El Ray.

Per le tre giovani ragazze bisogna creare un terreno sociale nel quale venga messa da parte l’idea abbastanza comune che se una donna è vittima di violenza è perché se l’è cercata.

“C’è l’abitudine di incolpare la vittima per quello che è avvenuto” continua El Ray.

Molestie fisiche e verbali avvengono sui mezzi pubblici, sui taxi, per strada.

Per questo HarassTracker non solo vuole offrire un aiuto a quante hanno subito molestie, ma insieme ad altre organizzazioni femminili libanesi vuole collaborare con le istituzioni affinché venga migliorato il quadro giuridico sempre più rivolto ad una piena accusa del molestatore da una parte e ad una maggiore tutela della vittima dall’ altra.

“Non è possibile ancora oggi accusare qualcuno di molestia senza le prove. E così facendo la colpa ricade solo e sempre sulla vittima che ha denunciato” afferma Nay El Ray.

Si tratta di un perverso meccanismo sociale perché se mancano le prove, mancano anche i testimoni. "Spesso il testimone è un complice o è qualcuno che rifiuta di parlare perché non considera quella molestia come una vera e propria violenza di genere” continua El Ray.

Mancando poi una vera e propria rete di protezione, le vittime non si sentono sicure di denunciare. E poi mancando le leggi, non vogliono sentirsi vittime una seconda volta e sentirsi giudicate dalla società che sembrerebbe accettare in modo impassibile questa continua ondata di violenza.

In questo clima ostile alla violenza di genere non manca però l’azione delle organizzazioni femminili che assistono le vittime psicologicamente ed economicamente, creando con grandi sforzi un ambiente nel quale le donne possono confrontarsi senza vergogna. Perché come ricorda Nay El Rahi “permettere alle donne di esprimere quello che hanno subito aiuta anche le altre persone a capire” quello che realmente accade intorno a loro, intorno noi con l’obiettivo di cambiare il corso delle cose.







Foto di HarasserTracker

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