Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili
MGF: Contrastare il fenomeno in Italia e nei paesi di origine con la prevenzione ma senza allarmismo (Fondazione Pangea Onlus , Reama, Nosotras Onlus, UDI)
Venerdi, 07/02/2020 - Riceviamo e pubblichiamo
Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili: Contrastare il fenomeno delle Mgf in Italia e nei paesi di origine con la prevenzione ma senza allarmismo
“Nessun allarmismo ma al al contempo determinazione nel chiedere che quanto richiesto dalla legge e quanto proposto dai piani di intervento contro la violenza di genere siano applicati in modo efficiente ed efficace”. E’ quanto affermano Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice di Reama, la rete per l’empowerment e l’auto mutuo aiuto per le donne che subiscono violenza, Laila Abi Ahmed, Presidente di Nosotras Onlus e Vittoria Tola dell’Udi, l’Unione delle donne in Italia, in occasione della giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili.
“In occasione della giornata internazionale contro le Mgf, vogliamo ribadire che quanto serve è l’impegno a rendere sistemico un percorso di presa in carico delle donne portatrici di Mgf e di rinnovato impegno per favorire la prevenzione - dichiara Laila Abi Ahmed, Presidente di Nosotras Onlus, associazione interculturale di donne migranti e native che da oltre dieci anni è impegnata su questo tema.
“A quasi quindici anni dall’approvazione della legge nazionale è arrivato il momento di fare un bilancio, sicuramente, di quello che è stato fatto e dell’effettivo aiuto portato dalla normativa per la prevenzione. Per noi rimane fondamentale che non venga fatta a nessuna bambina una pratica di mutilazione genitale femminile e che le donne che ne sono portatrici trovino in questo paese professionisti in grado di curarle quando ne hanno bisogno, di portare avanti con competenza la prevenzione oncologica, di garantire un percorso di maternità sicuro.
Da parte nostra l’appello è di non fare allarmismi inutili su questo tema che richiede competenza nell’essere affrontato, sensibilità e capacità di dare al grande pubblico informazione corretta e puntuale per non offrire il fianco a speculazioni politiche di alcun tipo. Volendo guardare ai numeri, infatti, il fenomeno delle Mgf (cioè il numero delle donne che provengono da paesi target e che quindi potenzialmente possono essere portatrici di Mgf) è contenuto rispetto all’8,7% di presenze di migranti sul nostro territorio. Di questi 5.255.503 persone, ovvero l’11,03%, proviene da pesi target e di questi gran parte sono uomini.
Oggi abbiamo la possibilità di leggere il fenomeno delle Mgf nel quadro più esaustivo della Convenzione di Istanbul, così come per i matrimoni forzati e precoci, che ha permesso di elaborare un piano strategico contro la violenza maschile sulle donne (2017-2020) dove la questione fosse presa nuovamente in carico”.
“Il tema delle Mgf è molto complesso e coinvolge soprattutto le donne che arrivano dai Paesi a tradizione scissoria – afferma Vittoria Tola dell’Udi – Perché venga affrontato con strumenti adeguati, abbiamo bisogno da un lato di mantenere un approccio e una visione globale, dall’altro di avere uno sguardo e una panoramica nazionale del fenomeno, affinché venga garantito alle donne che arrivano in Italia un accesso veloce alle cure e un’attenzione speciale. Questo richiede, in primo luogo, una conoscenza reale del fenomeno nel nostro Paese, ad esempio attraverso i dati resi disponibili dai centri regionali di riferimento che si occupano di Mgf, in secondo luogo conoscendone già gli effetti - ed esistendo in Italia una legge che proibisce questa pratica tradizionale condannata da tutte le convenzioni internazionali - bisogna proseguire nell’azione di prevenzione e raccolta dati in maniere scientifica e documentata per evitare sottovaluzione del fenomeno e dei rischi per donne già portatrici e per non creare allarmismi quando invece la situazione è sotto controllo”.
“Le Mgf rappresentano una vera e propria forma di violenza di genere, così come riconosciuto dalla Convenzione di Istanbul – afferma Simona Lanzoni di Fondazione Pangea Onlus - Siamo però stanche che si parli di Mgf solo per la giornata del 6 febbraio. Il tema è così complesso che richiede un lavoro quotidiano nelle sede opportune e non in senso allarmistico ma di prevenzione. Questo vuol dire in primis lavorare dove avvengono ancora oggi le mutilazioni, (ovvero nei paesi dove questa pratica risponde ancora a una tradizione locale aberrante), attraverso progetti cooperazione e di empowerment delle donne. Servono poi politiche di prevenzione nei luoghi come l'Italia dove la popolazione femminile che ha già subito la mutilazione può contribuire a frenare questa pratica, non solo in Italia ma anche nei paesi di provenienza sulle nuove generazioni. L'Italia in passato si è data da fare in tal senso ma nel tempo si è persa l'attenzione costante verso il fenomeno. Lo abbiamo visto quando, come Fondazione Pangea - siamo state ai tavoli per costruire il Piano di azione nazionale antiviolenza presso il Dipartimento Pari Opportunità. Nel 2017 nel Piano Strategico c'erano azioni specifiche da compiere in merito alle Mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni forzati ma nel 2018 queste azioni erano sparite. Le mutilazioni, così come i matrimoni forzati, sono una forma di violenza da prevenire e un motivo per richiedere il diritto d’asilo, come precede la Convenzione di Istanbul. Per farlo abbiamo gli strumenti, la legge del 2006, ad esempio, che dovrebbe dare a chi si occupa del fenomeno gli strumenti adeguati. Una legge da migliorare soprattutto dal punto di vista penale per adeguarla, come è riportato anche nelle raccomandazioni stilate dal Grevio, a quanto stabilito dalla Convenzione di Istanbul”, conclude Lanzoni.
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