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Femminicidio di Agitu Gudeta

Femminicidio di Agitu Gudeta

D.i.Re: No a strumentalizzazioni in chiave razzista. L’oppressione patriarcale attraversa tutte le culture

Mercoledi, 30/12/2020 - Riceviamo e pubblichiamo
*Femminicidio di Agitu Gudeta. D.i.Re: No a strumentalizzazioni in chiave razzista. L’oppressione patriarcale attraversa tutte le culture*
“Un dolore immenso, l’ennesimo femminicidio, che mostra ancora una volta come sia l’indipendenza di una donna a muovere la mano assassina della misoginia”, afferma *Antonella Veltri* a proposito della morte di Agitu Gudeta, rifugiata etiope che aveva dato vita a una azienda che allevava capre e produceva formaggi in Trentino.
“Agitu Gudeta rappresentava per noi, che da 3 anni in collaborazione con UNHCR supportiamo donne migranti richiedenti asilo e rifugiate nel loro percorso di autonomia, un esempio forte di come trasformare risorse, competenze e passioni in opportunità, anche quando si è costrette a chiedere asilo politico”, prosegue Veltri.
“Non conta la nazionalità. Se toccano una toccano tutte, il femminismo lo ripete da decenni”, aggiunge Veltri, “e lo stupro è sempre radicato nelle dinamiche di potere, atto estremo per ristabilire un ordine patriarcale che l’indipendenza delle donne sovverte”.
“D.i.Re si opporrà a qualsiasi tipo di strumentalizzazione in chiave razzista della morte di Agitu per il fatto che l’autore del femminicidio è un uomo ghanese”, affermano *Elena Cirelli* e *Rebecca Germano*, coordinatrici del progetto *Leaving violence. Living safe* realizzato da D.i.Re in partnership con UNHCR. “Il patriarcato è un sistema di oppressione che non ha latitudine, è trasversale a qualsiasi nazione e cultura, anche quella italiana”.
“Agitu Gudeta aveva ricostruito la sua vita in Italia, era ricorsa alla giustizia quando ne aveva avuto bisogno. Ma questo non basta a prevenire la violenza. Le donne devono innanzitutto essere credute. E occorre abbattere gli stereotipi e costruire relazioni di genere in cui la libertà delle donne sia riconosciuta a rispettata”.
Video tratto dal canale Youtube di Slow Food

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