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Dedicato a Flavia e Giulia

Dedicato a Flavia e Giulia

F. Mogherini e G. Buongiorno, deputate di schieramenti politici diversi, accomunate dalla stessa visione del loro ruolo istituzionale

Mercoledi, 15/12/2010 - Dedicato a Flavia e Giulia





Ieri le telecamere della Rai, dopo una panoramica sull’aula di Montecitorio dove si stava votando la mozione di fiducia al premier Berlusconi, si sono soffermate su due deputate. Flavia Mogherini, che col suo pancione in bella vista si recava al voto, fiera nell’incedere ma sorridente e rilassata mentre risaliva nell’emiciclo per riprendere posto, e Giulia Buongiorno, invece, preoccupata e per di più seduta su di una carrozzella a rotelle, di cui si era servita per giungere in aula, visto che la sua gravidanza è a rischio. Come donna ho avuto due sensazioni diverse: da un lato ho pensato che non fosse giusto costringere due parlamentari incinte a presenziare alle votazioni, ma dall’altro proprio la differente condizione delle due deputate mi ha indotto ad un’ulteriore riflessione. In un momento delicato della vita democratica del nostro Paese nessuna delle due si è sottratta ai doveri impostigli dal proprio ruolo istituzionale, anche se nell’esercitarli ognuna di loro ha messo in campo qualcosa di diverso di sé stessa. Siamo sempre stati abituati a vedere l’on. Buongiorno nelle vesti dell’avvocato di successo e della parlamentare che è riuscita a tenere a bada l’on. Ghedini ed il ministro Alfano, sia sul tema del legittimo impedimento che su quello più spinoso delle intercettazioni. Ieri si è appalesata quale una donna fragile su di una sedia a rotelle, che attende trepidamente di votare per poter ritornare a casa e mettere a riposo la sua gravidanza. Della Mogherini, peraltro poco presente sui media, conoscevo la garbatezza delle sue argomentazioni negli sporadici dibattiti a cui ha partecipato. Mi ha sorpreso la sua camminata determinata e ferma, quasi a rigettare lontano con la forza della volontà qualsiasi ansia che potesse adombrare il più che prossimo parto, visto che precedentemente aveva perso il bambino che portava in grembo. Proprio questa riflessione ha determinato in me una nota di speranza, pur nel groviglio di sensazioni negative che mi hanno sopraffatta al momento dell’annuncio dell’esito delle votazioni. Ripartire per un viaggio nuovo, quello che deve vederci impegnate a determinare le condizioni di un’alternativa al governo Berlusconi, si può se riusciremo a scorgere orizzonti nuovi. Quelle due donne, parlamentari appartenenti a schieramenti politici diversi, mi inducono a “pensare positivo” ed a sperare che un giorno potremo essere un paese normale, dove la Politica non è né sistemazione o collocazione personale bensì strumento per perseguire interessi collettivi. Di contro ai tre colleghi di centro-sinistra che,allettati dal richiamo berlusconiano, si sono autodenominati “gruppo di responsabilità nazionale” per giustificare il loro voto di fiducia, io continuerò a ricordare Flavia e Giulia. L’essersi sacrificate al rito del voto in aula non è servito di certo a mandare a casa il premier e la sua compagine governativa, ma è valso a farci comprendere che “cambiare si può”. E, se questa lezione è stata offerta da due donne, assume un rilievo di gran lunga più importante, a dimostrazione della necessità di una maggiore presenza di genere nelle istituzioni. D’altronde il voto delle donne è relativamente recente, visto che solo nel 1946 abbiamo potuto esercitarlo per la prima volta, conseguentemente ritengo necessario attrezzarci in una rete che ci veda più consapevoli nella determinazione e nella scelta di chi ci rappresenta nelle sedi istituzionali. Solo in tal modo potranno incrementarsi quelle tristi percentuali che vedono l’Italia maglia nera nelle classifiche internazionali relative al numero di donne che ricoprono incarichi pubblici. Sento, quindi, di ringraziare sinceramente l’on. Buongiorno e l’on. Mogherini, ma soprattutto Giulia e Flavia, sperando che la lezione da loro data ieri in Parlamento sia foriera di nuovi e più rilevanti risultati per una democrazia che prima ancora che plurale deve essere necessariamente, come abbiamo visto a Montecitorio, duale.

Maddalena Robustelli

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