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Da grande voglio fare l'astronauta

Da grande voglio fare l'astronauta

È in scadenza a dicembre il contratto di servizio pubblico della RAI

Giovedi, 10/12/2009 - Si discute molto sul ruolo delle donne in televisione, o ancor di più sul ruolo delle donne nella nostra società, o ancor meglio su giovani donne che aspirano ad essere presenti nel mondo dello spettacolo o della politica, stranamente ultimamente in stretto contatto e relazione, e che vengono richieste, sollecitate, invitate, reclutate per ricoprire ruoli, anche importanti, con un travaso tra show business e politica che francamente lascia perplesse. D’altra parte ci dicono con frequenza quotidiana giornali e tv che le ragazze italiane da grandi vogliono fare le veline, che è la loro massima aspirazione, che di studiare non hanno voglia, ma soprattutto dato che sono belle e giovani, non ne hanno alcun bisogno. Forse è arrivato il momento di fermarci a riflettere su quante sono le giovani donne tra i 20 e i 30 anni e quanto grande è quella percentuale che ci viene presentata come la quasi totalità delle aspiranti veline. E’ ora di dire chiaramente che ci sono giovani donne che studiano, che da grandi vogliono diventare astronaute o missionarie, bibliotecarie o Segretarie Generali dell’Unesco; giovani donne che lavorano con successo e professionalità in posti anche di rilevo, ma di cui nessuno, o quasi nessuno, parla. Esistono tre ruoli cruciali che i media - in particolare la televisione - dovrebbero assolvere: riflettere le differenze esistenti in società (incluse quelle di genere), fornire accesso ai diversi punti di vista presenti nella società (compresi quelli specificamente di genere), offrire ampia varietà di scelta quanto a contenuti, programmi e proposte (inclusi i temi di genere). Possiamo dire con sicurezza che la diversità di genere che viene rappresentata nelle nostre televisioni è quasi inesistente. Non è facile rompere il muro del silenzio, prendere la parola sui mezzi di comunicazione classici, quasi impossibile riuscire a rovesciare e a riscrivere agende e palinsesti decisi da altri in un mercato dell’informazione e della comunicazione molto particolare come è quello italiano. Ma proprio per questo dobbiamo essere sempre attente riguardo la rappresentazione femminile in TV, non permettere che il corpo delle donne venga utilizzato come merce, abbellimento, scenografia, carne in mostra, come ha da tempo stigmatizzato nel suo documentario Lorella Zanardo.

Per far questo è doveroso utilizzare tutti i mezzi possibili e ben venga la presa di posizione di Gabriella Cims che, dal suo ruolo istituzionale di coordinatrice dell’Osservatorio sui Servizi Audiovisivi, propone una presa di posizione forte con l’introduzione di temi inerenti le donne, le pari opportunità e la rappresentazione femminile in televisione, ed in particolare in quella di servizio pubblico, all’interno del contratto di servizio che scadrà a dicembre.

Controllando attentamente però si può verificare che già nello scorso contratto di servizio firmato nel 2007 c’era al capitolo II “L’OFFERTA RADIOTELEVISIVA: I GENERI”, articolo 4 “L’offerta televisiva”, comma 1/c, la seguente dicitura: 1. La Rai riserva un’ampia percentuale della programmazione annuale delle reti generaliste terrestri, fatta salva l’ulteriore articolazione editoriale dei programmi trasmessi sulle diverse piattaforme, ai generi di seguito indicati: c) (omissis) trasmissioni finalizzate a comunicare e a valorizzare una più moderna rappresentazione delle donne, con particolare attenzione alla sua crescita sociale, ai suoi diritti costituzionali e al suo ruolo nella società civile, nelle istituzioni e nel mondo del lavoro; …



Facciamo in modo che tutto questo non resti ancora lettera morta!



Loredana Cornero

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