Mercoledi, 26/02/2020 - Il titolo gioca volutamente su una possibile doppia interpretazione di "Crescere uomini": in senso attivo (crescere se stessi cercando/trovando un’interpretazione del maschile) e con accezione passiva (guidare lo sviluppo dell’essere umano di cui si ha cura nella specificità di ‘uomo’ che si intende insegnare). È nel sottotitolo di questo suo nuovo libro che Monica Lanfranco indica il solco di un lavoro che racconta “Le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia, sessismo”. (video)
Il saggio si snoda intorno a cinque domande poste a più di 1000 studenti tra i 16 e i 19 anni intorno a temi considerati difficili e, quindi, poco o per nulla frequentati nelle scuole e nelle famiglie: Cos’è per te la sessualità? Cosa significa essere virile? Cosa provi quando leggi di uomini che violentano le donne? Pensi che la violenza sia una componente della sessualità maschile? La pornografia influisce, e come, sulla tua sessualità?
Frutto di una ricerca sul campo, il libro alterna le risposte, anonime, dei ragazzi alle riflessioni dell’autrice la quale analizza i vari commenti e, domanda dopo domanda, compone un affresco preoccupante della cultura sessuale dei giovani maschi italiani, dei loro punti di riferimento, delle modalità con cui si costruisce il loro immaginario.
“La quasi totalità dei ragazzi dichiara che la fonte unica , primaria e assoluta di insegnamento , apprendimento e ispirazione per la propria sessualità è la pornografia attraverso il web”. L’osservazione è fondata e agghiacciante; preoccupa constatare che il sesso è ancora un tabù, esattamente come in passato. Decenni di elaborazioni, studi, progressi sociali sono rimasti fuori dalla scuola, dove è sostanzialmente vietato parlare di sessualità. Il risultato è la solitudine dei ragazzi “nell’affrontare questo aspetto molto importante della loro esistenza”. In assenza di una corretta informazione da parte degli adulti che avrebbero il compito di educare, si apre lo spazio del fai da te e il porno nel web sopperisce alla mancanza di relazioni, divenendo “fonte principale della iniziazione alla sessualità” dei giovani. Questo, osserva Lanfranco, è “lo specchio della rottura e del fallimento della relazione con il mondo adulto responsabile e accudente. Gli adulti dovrebbero essere esempio e riferimento. Domandare è il primo gesto per creare una relazione che prevede l’ascolto reciproco”.
In un clima scolastico così poco permeabile difficilmente si possono introdurre elementi di contrasto del sessismo e dell’omofobia, nonostante il bisogno che si esprime - indirettamente - in molte risposte alla domanda cosa significa per te essere virile?: "Essere un torone; Essere uomo e mostrare solo i punti forti; Non fallire mai, essere potenti e fare prestazioni elevate; Avere una minchia tanta; Avere caratteristiche maschili decise: sicurezza, autostima… " Ad essere invocata e desiderata è una virilità “intesa come misura e quantità senza qualità e sostanza”. Il silenzio degli adulti sulla sfera della sessualità è la certificazione della “rottura del patto educativo” oltre ad essere responsabile della confusione in cui questi giovani crescono, in un panorama culturale popolato di stereotipi negativi e privati di modelli virili alternativi.
Una confusione che si riscontra nell’oscillazione tra "Ci vorrebbe la pena di morte "e "Provo un malore dentro il corpo" nelle risposte alla domanda sulle violenze alle donne, affermazioni che non riescono ad oltrepassare la superficie dell’ovvietà, come dimostrano le risposte al quarto quesito, praticamente un inno alla prevalenza della forza e aggressività del maschio per via della sua superiorità fisica e dell’attitudine psicologica. Insomma la violenza nella sessualità dipende dal fatto che “i maschi sono più forti delle femmine”, una narrazione che Lanfranco definisce “tossica perché annette in automatico al mondo maschile una caratteristica del ‘dover essere’ che incide sulla costruzione dell’identità individuale, oltre che collettiva”.
Le analisi dell’autrice puntano l’attenzione, tra i vari fattori, anche sui media e sui condizionamenti del mercato, riportando numerosi esempi e citazioni a sostegno delle sue tesi. L’ultimo quesito, dedicato alla pornografia, è particolarmente interessante per il ventaglio delle risposte degli intervistati, che dichiarano senza troppi giri di parole l’importanza delle informazioni attinte soprattutto dal web, da cui si evince un preoccupante “deserto emotivo” che si coniuga con una dilagante incapacità di relazione e la fuga dal confronto con la realtà e la sua complessità. Tutti fattori che alimentano i comportamenti violenti verso le donne, destinati a riprodursi se non si modificano le connessioni culturali su cui poggiano. Infatti “è necessario che gli uomini si espongano, si interroghino sulle radici profonde della violenza che alcuni di loro agiscono, sintomo di inadeguatezza e fragilità, questa sì, tutta interna al maschile. Abbiamo bisogno di forti voci e di saldi immagini femminili che confliggono con la tradizione patriarcale che forgia e intrappola donne e uomini in stereotipi che soffocano le relazioni, gli affetti, i sentimenti e le emozioni”.
Con “Crescere uomini. Le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia, sessismo” (Erickson, 2019, pagg 157, euro 17,00) Monica Lanfranco - giornalista, scrittrice, formatrice - continua un percorso iniziato da alcuni anni e che l’ha portata anche a sperimentare il primo laboratorio di teatro sociale italiano per uomini, organizzato su invito dell’autore teatrale Ivano Malcotti e ispirato dal libro “Manutenzioni-Uomini a nudo”. Il progetto - realizzato in collaborazione con istituzioni pubbliche e private, con associazioni e centri antiviolenza - prevede che uomini “comuni” salgono su un palco e, infrangendo uno stereotipo, si soffermano a “pensare su di loro, il loro corpo, il loro desiderio, i lati oscuri del loro genere e sul lato emotivo che c’è in ogni essere umano”; dal 2013 le rappresentazioni in 12 regione hanno coinvolto oltre 400 uomini di ogni età, lavoro e provenienza sociale. L’obiettivo del progetto è sollecitare gli uomini a farsi domande a riflettere sulle ragioni profonde delle relazioni violente. È un lavoro profondo e necessario perché tutto si tiene e la violenza sessista non può essere affrontata e sconfitta se non si interviene alla radice del problema, che è senza dubbio “un fardello pesante, retaggio del patriarcato”, una sorta di “codice non detto ma assai fondativo dell’identità, sia per l’individuo che per il gruppo, che si tramanda di generazione in generazione”.
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