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Buon compleanno Lucha y Siesta

Buon compleanno Lucha y Siesta

- La casa delle donne nel quartiere appio-tuscolano di Roma compie otto anni. Nuovi progetti e nuove sfide per un gruppo di attiviste inarrestabili

Silvia Vaccaro Sabato, 27/02/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016

Questa casa l’hanno plasmata le donne che l’hanno attraversata. Ed è un luogo che cambia continuamente, perché cambiano loro”. È a partire da questo sentire, quello espresso dalle attiviste del collettivo, che iniziamo a parlare della Casa delle Donne Lucha y Siesta giunta al suo ottavo compleanno.

Questo spazio femminista - che ha sede nel popolosissimo Municipio VII in un edificio degli anni Venti - esiste dall'8 marzo 2008 grazie alla visione e all'impegno di alcune attiviste romane. Un luogo destinato a diventare un parcheggio e che, invece, ha accolto più di ottanta donne e ne ha ascoltate oltre seicento offrendo un primo rifugio a chi scappa da una situazione di violenza machista o alle più esposte e vulnerabili, magari perché povere o migranti. Queste donne a Lucha trovano, oltre a un tetto sopra la testa, occasioni di riflessione e relazione, stimoli culturali, assistenza legale, psicologica e nella gestione di figli e figlie. Una modalità di accoglienza che è frutto dell’incontro tra attiviste e donne accolte, attrici di un processo in divenire. “Quando siamo entrate in questo stabile, eravamo all’inizio del nostro percorso femminista, ma tante cose sembravano coincidere. C’era stata da poco la grande manifestazione contro la violenza sulle donne nel 2007 e le istituzioni avevano risposto all’emergere della gravità della violenza contro le donne con nuovi ‘pacchetti sicurezza’. Noi, che facevamo già sportelli autogestiti, ci siamo rese conto che venivano tante donne in difficoltà. Ed è stato l’incontro con due donne migranti, forti e determinate ma che subivano violenza e non potevano andare via di casa perché povere, che ci ha fatto scattare la molla”. Un luogo che pur non essendo un centro anti-violenza, né una casa famiglia, prova a fornire soluzioni e dà accoglienza, crescendo ogni giorno grazie al tempo e alle energie delle attiviste e delle donne che la abitano. Uno spazio creato a partire dalla volontà di rispondere a un bisogno concreto, ma che si è connotato sin da subito come un laboratorio politico femminista e autogestito, in cui l’accoglienza è solo un pezzo di questo grande progetto. “Lucha ci ha dato la possibilità di avere un occhio sul mondo. Da qui sono passate donne di tanti paesi diversi, alcune cristiane, altre musulmane. È bello vedere come hanno provato a mantenere la propria cultura e al tempo stesso a prendere le cose migliori che trovavano qua”.



Lucha raddoppia: partita l’esperienza della casa di semi-autonomia

“Ci siamo sempre poste la questione di che cosa avrebbero fatto le donne dopo aver vissuto a Lucha per un periodo ed è da tanto tempo che pensavamo di costruire un posto che servisse loro come un trampolino di lancio per una nuova vita autonoma”. Quel sogno è finalmente diventato realtà. L’associazione casa delle donne Lucha y Siesta, nata nel 2009, ha elaborato un progetto che è stato finanziato dall’8X1000 della Chiesa Valdese. Un grande appartamento a Cinecittà dove le donne avranno il loro spazio e vivranno una vita quasi ‘normale’. Un luogo che sarà in rete con i servizi sociali del territorio, e verrà inserito nell’elenco delle strutture regionali che offrono questo tipo di possibilità alle donne. Servizi e luoghi quanto mai necessari come testimonia il numero, sempre alto, di donne che si rivolgono alle attiviste di Lucha durante i colloqui settimanali. “Per noi sarà una grossa sfida provare a costruire un’esperienza che metta insieme i vincoli dell’Istituzione con l’autogestione. Del resto, il nodo del riconoscimento del nostro lavoro da parte delle istituzioni non è mai stato sciolto, è una riflessione che facciamo da otto anni senza arrivare a una sintesi. Evidentemente ci metterebbe al riparo dalla precarietà ma è anche vero che qui godiamo di una libertà che abbiamo sempre rivendicato. Anche perché in questi anni il riconoscimento c’è stato nei fatti, perché da noi arrivano ormai donne da tutta la città, inviate sia da strutture pubbliche che private. Chi sta in prima linea, come facciamo noi, ha sempre riconosciuto il nostro lavoro. Adesso con questo nuovo progetto della casa di semi-autonomia ci cimenteremo nel passaggio successivo e capiremo se è possibile, e in che modo, conciliare i vincoli istituzionali con l’autogestione”.



Una traccia di carta dei risultati di questi anni: il libro

Oltre ai servizi di accoglienza, le attiviste di Lucha si spendono molto sul fronte culturale, con un’offerta ricca e varia di incontri, dibattiti, presentazioni. Per citare solo una delle tante iniziative, a fine febbraio è ripartita la rassegna “Ritratti di donne” che, come suggerisce il titolo, si compone di serate monografiche su artiste (ma non solo) che hanno lasciato una traccia e che sono state ignorate o dimenticate. “Il senso è quello di ricostruire una genealogia valorizzando le intelligenze femminili e proponendo testi e immagini originali, ovvero creati e presentati solo per quell’appuntamento. La novità di quest’anno è che nel gruppo culturale che produce la rassegna ci sono anche degli uomini, compagni del movimento queer che hanno deciso di unirsi a noi”. E per non perdere traccia del loro lavoro, per questo ottavo compleanno le attiviste hanno pensato di mettere nero su bianco risultati e speranze. Grazie a una campagna di crowdfunding cui hanno partecipato in tanti e tante, è stato appena pubblicato un libro che contiene molti contributi di chi ha sostenuto il progetto. “In questi anni qui a Lucha abbiamo raggiunto obiettivi importanti, ma se consideriamo la condizione femminile nella sua complessità, c’è ancora molto da fare. Pensiamo alle difficoltà dei consultori, ai tanti obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche, alla disparità salariale, al linguaggio sessista, al razzismo. Per continuare a progettare partendo da ciò che abbiamo conquistato, abbiamo pensato fosse necessario mettere la memoria nero su bianco e abbiamo chiesto a donne e uomini con cui abbiamo costruito relazioni in questi anni di farlo con noi”. L’introduzione del libro è stata curata da Sandro Medici che, quando le attiviste hanno liberato lo stabile era Presidente del Municipio VII (allora X, ndr), si è battuto con loro affinché rimanesse un bene pubblico. Nel volume sono contenute anche le riflessioni della giornalista e scrittrice Barbara Bonomi Romagnoli, della sociologa Anna Simone, della filosofa Federica Giardini, della Presidente di Be Free from Violence Oria Gargano, della scrittrice Patrizia Fiocchetti e molte altre. Il volume sarà presentato l’8 marzo durante un incontro cui parteciperà anche la giornalista e ricercatrice curda Dilar Dirik che tanto ha scritto in questi mesi della situazione curda e delle atrocità commesse dal governo turco, argomento a cui le attiviste di Lucha hanno dedicato incontri e attenzione. Prima di lasciarci chiediamo cosa si augurano per la città di Roma chiamata a eleggere un nuovo sindaco tra pochi mesi. “In questo paese c’è un’emergenza democratica abbastanza seria. Nessuno si chiede più perché esistono governi che nessuno ha votato. L’augurio dunque è che torni a esserci la politica, perché con una politica diversa da te puoi confrontarti, mentre con un prefetto no perché non ha bisogno del consenso. Speriamo anche si torni a parlare di decentramento, perché in questi anni c’è stato un accentramento del potere, esatto contrario della democrazia”.



 

DIDA: Foto di Delia Merola, gentilmente concesse

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