BOSNIA ED ERZEGOVINA. VICINE DI CASA: 22 febbraio a Roma
Sabato 22 febbraio si tiene la prima delle ‘Tre Giornate’, ciclo di incontri sulle conseguenze per le donne delle guerre più recenti e delle migrazioni in atto
Martedi, 18/02/2020 - ‘Tre Giornate’, un ciclo di incontri per richiamare l’attenzione sulle conseguenze di guerre recenti, delle violenze e degli stupri. Dalla Bosnia ed Erzegovina, al Kosovo al Ruanda, saranno raccontate storie attraverso film, documentari, esperte e soprattutto dando la parola alle testimoni e alle associazioni delle donne coinvolte. L'iniziativa è promossa dall'Associazione Lesconfinate, dalla Comunità della Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”, da 'NOIDONNE' e da Progetto Rwanda Onlus ed è realizzata in collaborazione con la Casa Internazionale delle Donne di Roma, con l'Ambasciata della Repubblica del Kosovo in Italia, con il Centro di Servizi per il Volontariato del Lazio e con l'Associazione NOIDONNE TrePuntoZero. Le ‘Tre Giornate’, il cui programma dei lavori ha ottenuto anche il patrocinio di Amnesty International, iniziano con l’appuntamento di sabato 22 febbraio 2020, dal titolo 'Bosnia ed Erzegovina. Vicine di casa'e proseguiranno il 14 marzo e il 4 aprile 2020, concludendosi con richieste ai singoli Stati e agli organismi internazionali ed europei di: - protezione internazionale per le migranti vittime di stupro e violenze;
- risarcimenti alle donne vittime degli stupri di guerra;
- riconoscimento delle problematiche e dei diritti delle figlie e dei figli degli stupri.
“Racconteremo le storie della Bosnia ed Erzegovina, dove ancora la pace è fredda, le separazioni etniche una eredità e una realtà pesante; parleremo del Kosovo, dove gli stupri della guerra riemergono nella coscienza collettiva superando i silenzi e le vergogne individuali, così come dimostra il video che riprende l’installazione nel campo sportivo di Pristina di migliaia di vestiti appesi a dei fili trasversali donati a sostegno delle donne vittime di stupro, e parleremo della storia del Ruanda, il Paese delle donne, che dopo il genocidio dei Tutsi hanno ricostruito il loro paese - spiega Isabella Peretti dell’Associazione Lesconfinate -. Turchia, Kurdistan, Nigeria, Darfur, Cile… sono tanti i teatri aperti di guerra e di stupri di guerra, che affronteremo con altre iniziative, ma non potevamo non affrontare da subito le violenze che subiscono le donne migranti, nel ‘viaggio’, nei campi di concentramento libici, turchi e greci, nei centri di detenzione europei. Si tratta di eredità attuali e di tragiche attualità. Lì dove non si dimentica il passato e si ricostruisce il futuro le donne sono protagoniste in prima fila, dal Tribunale delle donne nella ex Jugoslavia al Tribunale internazionale per il Ruanda. Lì dove la loro soggettività è repressa con la violenza c’è bisogno di imporre il rispetto dei diritti umani con una azione istituzionale e politica incisiva nei vari scenari di detenzione, torture, ricatti, tratta”. Fatima Neimarlija, della Comunità della Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”, osserva che “a distanza di 25 anni dalla fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina le donne stuprate ancora aspettano giustizia e vivono ai margini della società” e aggiunge che “secondo Amnesty International durante la guerra, tra il 1992 e il 1995, circa 25mila donne sono state vittime di stupro e violenze le cui conseguenze continuano a produrre danni ancora oggi. La maggior parte delle donne violentate sono musulmane, ma la cattiveria e la cattiva sorte non hanno risparmiato le donne serbe, croate o appartenenti ad altri gruppi minoritari. Il Tribunale Internazionale de L’Aja ha definito lo stupro etnico come un crimine di guerra, ma in Bosnia ed Erzegovina le donne aspettano ancora giustizia e - continua Fatima - non esiste ancora una legge nazionale che consenta almeno di risarcire le vittime”. Qualche passo in avanti, sul piano dei riconoscimenti ufficiali, c’è stato. “Secondo il Comitato delle Nazioni Unite la Bosnia ha violato la Convenzione Onu contro la tortura e a settembre 2019 ha ordinato il risarcimento per l’abuso sessuale riconoscendo anche cure mediche e psicologiche gratuite e prevedendo l’istituzione di un piano nazionale di risarcimento dei crimini di guerra”.
Un risultato che si avvia nella direzione di ottenere una giustizia ancora negata alle donne, ma con un cammino che non si preannuncia breve né semplice perché, come reciterà nel suo monologo l’attrice Nela Lucic (testo tratto dal libro di Luca Leone “Visegrad. L’odio, la morte, l’oblio”, ed L’infinito) "... i ponti collegano argini, paesi, culture... ma non credo esista un ponte più intriso di sangue di quello di Visegrad".
PROGRAMMA delle tre giornate
Sabato 22 febbraio, ore 16 - BOSNIA ED ERZEGOVINA. VICINE DI CASA
• Presentazione delle tre giornate: Isabella Peretti, Associazione Lesconfinate
• Introduzione: Fatima Neimarlija, Comunità della Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”
• Proiezione del documentario “Bosnia, la pace fredda” (produzione di ISCOS Emilia Romagna in collaborazione con Infinito edizioni, regia di Marcella Menozzi)
• Monologo "Perché io ho vinto" dell’attrice Nela Lucic (Comunità della Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”)
• Proiezione di “Bosnia, i figli della vergogna” (Arte tv)
• Intervento di Chiara Valentini (coautrice di “L'arma dello stupro. Voci di donne della Bosnia”, La luna ed, 1993)
• È previsto l’intervento di Staša Zajović (Donne in nero di Belgrado) intervista
Sabato 14 marzo ore 16 - KOSOVO. RUANDA. IL RISCATTO Prima parte: KOSOVO
• Introduzione di Simona La Rocca (curatrice del volume “Stupri di guerra e violenze di genere”, Ediesse, 2016)
• Proiezione del documentario “Pensando a te”, l’installazione dell’artista Alketa Xhafa Mripa. Attualità della vicenda Kosovo contro la violenza alle donne nelle guerre e nelle migrazioni (produzione Shortcut, sceneggiatura di Anna Di Lellio e Fitim Shala, regia di Fitim Shala)
• Intervengono l’Ambasciatrice della Repubblica del Kosovo Lendita Haxhitasim e l’artista Alketa Xhafa Mripa
• Monologo "Perché io ho vinto" dell’attrice Nela Lucic Seconda parte: RUANDA
• Testimonianza di Léonie Uwanyrigira, Progetto Ruanda
• Presentazione del film sul Ruanda: Sabrina Varani (regista)
• Proiezione del film: “Ruanda, il paese delle donne” (Alma Terra, Progetto Ruanda, regia di Sabrina Varani)
Sabato 4 aprile ore 16 - I CORPI DELLE MIGRANTI
• Sono previsti gli interventi delle giornaliste Annalisa Camilli e Francesca Mannocchi sugli stupri e le violenze subiti dalle migranti, sui campi in Libia, Grecia, Turchia, su quanto accade ai confini della Bosnia e delle Croazia
• Registrazioni audio dai campi di detenzione, Andrea Billau, Radio Radicale
• Monologo "Perché io ho vinto" dell’attrice Nela Lucic
• Presentazione degli obiettivi e delle proposte del documento conclusivo: Simona La Rocca
• Interlocuzione con rappresentanti istituzionali (in attesa di conferme)
- - - - - - - Tre giornate
Dal Ruanda ai Balcani, ai campi di detenzione libici, greci e turchi, la tragica attualità degli stupri di guerra e la soggettivita' delle donne.
Il contesto storico
La guerra
Stupri di guerra, stupri etnici, contro le donne, ma non solo, violenze sulla popolazione civile, fino al genocidio: avvengono in tutte le guerre in diverse forme di brutalità, ieri e oggi. Non si possono comprendere gli eventi bellici senza cogliere la dimensione sessuale che li fonda e li attraversa.
La storia
Fin dagli antichi tempi lo stupro era considerato come normale bottino di guerra e successivamente come danno collaterale delle guerre, con la conseguenza dell’impunità – nessuno dei due tribunali istituiti a Tokyo e a Norimberga dai Paesi alleati sui crimini di guerra ha riconosciuto il reato di stupro. Nelle Convenzioni di Ginevra (1949) lo stupro di guerra fu considerato un attacco “all’onore” (di fatto dell’uomo); fu invece considerato crimine di guerra dalla giurisprudenza dei due Tribunali internazionali, per ex Jugoslavia e per il Ruanda, istituiti rispettivamente nel 1993 e nel 1994; fino al riconoscimento dello stupro di guerra come crimine contro l’umanità nello Statuto della Corte penale internazionale:1998.
Una violazione dell’anima e del corpo I corpi delle donne violentati, lo stupro come arma di guerra contro il nemico attraverso le donne del nemico, per distruggere il futuro, per rendere impossibile ogni convivenza, per fare pulizia (etnica). Una
violazione dell’anima e del corpo. I sentimenti delle donne hanno nomi precisi: pudore, vergogna, silenzio, sofferenza, depressione, solitudine. Le comunità spesso trasformano le vittime in colpevoli del disonore, così le donne sono violentate due volte.
Il riscatto
Le ferite non si rimarginano se la convivenza multietnica è ormai solo un ricordo e una nostalgia, se chi ti ha stuprata è stato il tuo vicino di casa, se gli autori restano impuniti a circolare nelle stesse strade dei loro crimini; ma lì dove si è intrapresa la strada di una rielaborazione collettiva delle tragedie avvenute, della giustizia e non della vendetta, si ricostruisce una società e le donne ne sono protagoniste, cercando di riprendere in mano la loro vita e le relazioni.
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