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Altro che vittime. Ecco le voci di donne che resistono

Altro che vittime. Ecco le voci di donne che resistono

L'altra via - Investimenti sulle competenze femminili e sulle loro capacità propositive. È il valore e il segreto del successo dei progetti della rivista Confronti sostenuti dalla Chiesa valdese con i fondi dell’8xmille

Stefania Sarallo Lunedi, 07/03/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016

Quando nel 2011 ideammo il progetto L’altra via. Dal conflitto alla ricostruzione: strategie al femminile, nella nostra mente si delinearono progressivamente gli scenari verso cui era necessario, dal nostro punto di vista, volgere lo sguardo. Pensavamo a quei Paesi lacerati dai conflitti, dove opposti nazionalismi avevano tracciato solchi così profondi da rendere difficile ogni forma di convivenza. Pensavamo, poi, che le destinatarie delle “azioni” previste dal progetto, per il quale la rivista Confronti ottenne il sostegno economico della Chiesa valdese, sarebbero dovute appartenere a categorie ben precise: vittime di guerra, vedove prive di pensioni, profughe e sfollate. Volevamo, inoltre, che il progetto contribuisse realmente alla costituzione e allo sviluppo di iniziative imprenditoriali femminili nate in quei contesti postbellici dove, a nostro giudizio, proprio le donne avrebbero potuto rappresentare una risorsa cruciale. Pensavamo, pensavamo…

Da allora, non senza difficoltà, abbiamo fatto del nostro meglio per garantire sostegno alle realtà individuate. Abbiamo incontrato donne forti e dal temperamento carismatico che, scevre da ogni atteggiamento vittimistico, ci hanno fatto percepire l’inappropriatezza di quelle “categorie” precedentemente individuate. Con Rada Zarkovic, direttrice della Cooperativa Insieme di Bosnia Erzegovina, abbiamo visitato Parchi e allestito banchetti, allo scopo di promuovere le confetture e i succhi che la cooperativa bosniaca produce e vende in Italia. Dalla Bosnia, abbiamo guardato all’Afghanistan, dove l’azione politica di donne coraggiose come Selay Ghaffar, portavoce ufficiale del Partito di Solidarietà dell’Afghanistan, si interseca con la concreta esigenza, espressa dall’associazione Humanitarian Assistance for the Women and Children od Afghanistan (HAWCA), di garantire sostegno e formazione professionale alle donne vittime di violenza. Siamo passati per Israele e i Territori palestinesi, dove realtà come il Bethlehem Fair Trade Artisans (Bfta) e Syndianna of Galilee, sorte al di qua e al di là del muro, collaborano allo scopo di valorizzare le risorse umane (femminili e non solo) e territoriali (legno di Betlemme e olive della Galilea) locali, ma anche per favorire il dialogo e la conoscenza reciproca. Abbiamo cercato di dare vita a sistemi di reti, funzionali non solo dal punto di vista commerciale ma anche programmatico, curando dossier e promuovendo convegni nel corso dei quali le diverse “Voci di donne che resistono” si sono modulate senza sovrapposizioni e stonature.

Tutto ciò ha dato i suoi buoni frutti. Ci siamo resi conto, tuttavia, di quanto il nostro approccio fosse stato troppo esclusivista e di quanto fosse necessario avviare una riflessione più ampia su un’”altra via”: quella tracciate dalle donne all’interno della nostra società, lì dove il conflitto e il maschilismo assumono forme meno visibili ma altrettanto dannose. Abbiamo guardato, quindi, a tutte coloro che lottano e resistono quotidianamente, imbattendoci in situazione di emarginazione sociale e lavorativa, ma anche in storie di donne che inventano quotidianamente un modo per andare avanti, come quelle della Casa delle donne Lucha y Siesta e della Cooperativa sociale Altri orizzonti – MADE in Castel Volturno, che ambiscono a creare opportunità lavorative per donne socialmente svantaggiate attraverso l’attività sartoriale, offrendo un ritrovo, ma anche formazione ed esperienza professionale.

Tutto ciò non rappresenta solo un progetto, ma un fluire ininterrotto di proposte e cambiamenti, frutto di condivisione e passione, che con il tempo ha assunto delle forme inaspettate proprio perché a muovere il tutto è stata la necessità di rimodulare le azioni in funzione delle esigenze delle persone cui ci si rivolge, piuttosto che del rispetto del target e dei numeri predefiniti. Perché la creatività è donna, nella progettazione quanto nell’azione.

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