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PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ/Perché i ragazzi thailandesi sono diventati figli di tutto il mo

PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ/Perché i ragazzi thailandesi sono diventati figli di tutto il mo

Il rumore solidale del mondo che segue la vicenda dei ragazzi thailandesi e il silenzio dei loro genitori, che pregano e aspettano senza recriminare..

Lunedi, 09/07/2018 - PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ/ Perché i ragazzi thailandesi sono diventati figli di tutto il mondo?
Mentre il mondo segue e si informa con gran rumore solidale, i loro genitori pregano in silenzio e aspettano senza recriminare..
I fatti oramai sono più che noti ma in quanto “soggetto“ della vicenda è giusto riassumerli. Il 24 di giugno in Thailandia si spengono le notizie di una squadra di calcio di ragazzi in giro con il loro allenatore. L’allarme è immediato e le ricerche si mettono in moto velocemente e solo il 2 luglio vengono rintracciati in una grotta gigantesca il cui nome,  per noi quasi irripetibile, evoca la sua grandezza e lo spavento provocato dalla sua misteriosa estensione e pericolosità, dovuta alle acque che la riempiono e la sommergeranno con l’arrivo dei monsoni.
Mentre scrivo la vicenda dei ragazzi della grotta, i ragazzi della squadra di calcio thailandese dei cinghiali  è drammaticamente in corso e le considerazioni che sento di fare sono trasversali e comunque per me significative e consolidate rispetto ad un fatto unico per il coinvolgimento che vive e che costringe ad interrogarci al di là persino delle risposte che possiamo trovare.
Tham Luang Nang Non, questo il nome della grotta dove i 12 ragazzi più l’allenatore sono finiti, dopo incredibili esami e ipotesi  cui hanno partecipato anche esperti di tutto il mondo, e dove si è visto convergere la più alta e sofisticata tecnologia a disposizione del pianeta,  è iniziata la coraggiosa avventura di far uscire i giovani con tutti i rischi e le preoccupazioni che accompagnano l’operazione.
Un'impresa enorme che ha fra i nemici nemici l’ossigeno che cala (e la cui insufficienza ha già ucciso un soccorritore) e ancora l’inesperienza dei ragazzi ad essere non semplicemente sub per immergersi per centinaia di metri - cosa a cui si stanno addestrando nel corso più rapido della storia - ma anche ad alto livello.
Mentre scrivo 4 sono già fuori e quando l’articolo sarà pubblicato la vicenda potrebbe essere arrivata a conclusione o ancora tenerci col cuore sospeso.
Vi sono comunque domande,  direi senza risposta o la cui risposta può trovare infinite ipotesi diversificate, che continueranno ad essere valide e su cui vale la pena di interrogarsi e approfondire. Provo così a metterne insieme alcune, appunto, che più mi hanno seguita in questi giorni e che ho anche rintracciato nell’informazione, non sempre seguite da ipotesi di risposta,  appunto.
La prima, in assoluto, è come mai questa vicenda è seguita dal mondo come un evento che ci riguarda tutti. La sensazione, infatti,  è che non sia la curiosità la principale animatrice di tanto coinvolgimento ma un'ansia che sembra far sentire questa squadra di calcio davvero figlia di tutta l’umanità. Si percepiscono sentimenti che non troviamo in tante altre tragedie che toccano la vita di altrettanti giovani e non solo, come, per non andare lontani, le morti in mare e in guerra a cui assistiamo giornalmente e che riguardano ancora si tutto il mondo, sia come vittime sia come soccorritori.
Che cosa spinge, oltre la difesa sacrosanta di queste vite, a considerare l’evento come una prova della capacità dell’umanità a salvaguardarsi oltre la natura che sempre più si ribella all’uso scriteriato che l’uomo ne fa?
In una sfida che va oltre, al momento, le polemiche che coinvolgono l’allenatore e la sua leggerezza (che sta pagando a un prezzo incommensurabile) sull’avere portato i ragazzi in quel luogo così pericoloso. Polemiche da cui sono per ora assenti anche le famiglie dei ragazzi che, tutte concentrate a fianco dei soccorritori, non intralciano ma pregano in silenzio e danno coraggio ai ragazzi attraverso i mezzi disponibili grazie alla tecnologia. Mai un comportamento è apparso più esemplificativo del respiro sospeso in un silenzio assordante, mentre il rumore del mondo cresce. Un rumore che racconta e commenta e che in Italia ha dissepolto una vicenda che indubbiamente ricorda emozioni analoghe, in tempi diversissimi, come fu seguita da chi era già adulto: la vicenda di Alfredino Rampi nel 1981. Alfredino cadde nel pozzo a 60 metri e l’Italia intera per tre giorni si bloccò. Non godevamo di social come oggi e la televisione, unica informazione diretta con potere visivo,  organizzò un ininterrotto accompagnamento. Alfredino, fra speranze e delusioni, divenne la sfida e il figlio di un paese intero e per chi, come me, ricorda una notte col televisore acceso a seguire il tragico epilogo, viene subito anche il ricordo vivissimo che quella morte non si riuscì a evitare fu vissuta come la sconfitta di tutto un paese. Quasi una favola che aveva con cattiveria mostrato un finale che nessuna favola può permettersi e che nell’immaginario collettivo aveva già organizzato i festeggiamenti per quella vita rinata grazie alla famiglia rappresentata dall’intero paese, impegnata con tutti i mezzi a disposizione, sia di affetto e umanità sia di professionalità e tecnologie all’epoca disponibili. Un altro ricordo mi arriva violento: i ragazzi di Rigopiano dopo il terremoto in Abruzzoe la gioia dei Vigili del Fuoco di quelle vite portate in braccio a sconfiggere la morte.
Tante, anche troppe, parole che ci riportano in Thailandia dove sappiamo che già quattro famiglie hanno potuto gioire con i loro figli, portati fuori dalla grotta, e altre ci auguriamo lo facciano nelle prossime ore. Ma tutto questo senza poter rinunciare a scrivere che i simboli devono servire a rilanciare sulla preoccupazione per tutte le vite, devono coinvolgerci e farci mettere la lente d’ingrandimento e il binocolo davvero, su tutto il mondo.
E allora come non tornare alle donne e agli uomini che muoiono nel Mediterraneo e per le guerre insensate su cui troppi cercano di porre il silenziatore!
La storia continua, ma da queste righe un pensiero anche in più va alle mamme dei piccoli calciatori a cui molte letterine, recapitate dal fondo della Terra grazie a telefonini ad elevatissima tecnologia, fanno riferimento ricordando e auspicando il ritorno alla quotidianità familiare fatta di piccole importantissime cose che rimangono sempre il fondamento di ogni umano traguardo.
Avanti tutta e speriamo di scrivere presto di un successo totale e definitivo.
Paola Ortensi 9 luglio 2018

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